martedì 1 marzo 2005

polizia daziaria ovvero critica letteraria

 

Si è a lungo discusso qualche sera fa, al nostro mensile appuntamento di Brainstorming, dopo che Marcello ha lanciato le sue citazioni-provocazioni su etica e critica letteraria.

L’argomento lo aveva scelto Bice, che io avrei volentieri parlato di letteratura giapponese, o letto quelle produzioni del gruppo che erano in arretrato, ma così è stato.

Marcello ha tirato fuori una serie di pezzi da novanta, Eliot, Garboli, Rosseau, e intanto a me (e anche agli altri) le rotelle in testa giravano.

Stavo cercando, come spesso faccio, di produrre una metafora per semplificarmi la comprensione di certi meccanismi, che magari lì per lì spiego e smonto come una costruzione fatta col Meccano, ma che poi, a casa o a letto quando ci torno con la testa, non funzionano più.

E mi è venuta questa ,di metafora.

Polizia daziaria ovvero critica militante

Gli autori, quelli che non sono ancora scrittori perché tali, secondo me, lo diventano solo dopo che sono stati infilati in un libro da un qualche editore, gli autori, dicevo, sono come i bravi contadini ed i solerti vaccari, che caricano il biroccio o il carretto della loro produzione e la vanno a mostrare alla casa editrice, che funge da fabbrica di confezionamento e trasformazione del loro prodotto.

Qui, all’ingresso, alcuni personaggi più o meno biechi decidono chi e che cosa potrà entrare nella fabbrica, in qualche caso decidono secondo il loro gusto e la loro sensibilità, in qualche caso si devono attenere alle linee guida della fabbrica- casa editrice, in altri sono sensibili alla roboanza del nome del produttore o a quello di chi li sta presentando-raccomandando alla casa editrice.

Una volta che la materia grezza è entrata nella fabbrica, qui viene lavorata, sistemata, ordinata, da altre persone che mettono le mani nella pasta del futuro libro, aggiustando, limando, sfoltendo o suggerendo di arricchire l’amalgama.

Arriva il momento in cui il prodotto è pronto per uscire dalla fabbrica ed andare al mercato, che è in una città lì vicino, ed in cui ci sono i consumatori, gli acquirenti del prodotto, i lettori insomma.

Prima però, il libro deve o dovrebbe passare dalla porta daziaria ( il critico militante) che si trova all’ingresso della città, attraverso la quale passano le merci; anche il libro è una merce, più o meno pregiata, ed ha bisogno di una certificazione di qualità

A questo punto entra in gioco la polizia daziaria, o il critico letterario, che analizza, valuta, dovrebbe leggere a fondo le pagine del volume e quindi dare un responso, da appiccicare sulle fascette, orientando quindi la scelta del consumatore-lettore una volta che egli si avvicini ai ricchi banchetti del libro fresco e decida di sceglierne uno.

Ma si sa, anche i corpi militari si possono corrompere, o possono essere distratti, e chiudere involontariamente gli occhi, cosicché arriveranno al mercato delle merci di scarsa qualità, spacciate per prima scelta, o titoli interessanti che resteranno nell’oscurità dell’angolo buio del negozio perché non sono stati esaminati a dovere.

Resta una ultima considerazione, che mi coinvolge, e che dice che il primo critico dell’autore deve essere l’autore stesso, che non deve essere troppo indulgente con sé stesso, e neanche massacrarsi per puro spirito masochistico: questo può avvenire solo se l’autore, nell’ansia di diventare scrittore, non perde di vista la consapevolezza e la misura dei propri mezzi, cioè se in definitiva diventa il primo critico di se stesso.

5 commenti:

palommellarossa ha detto...

ciao antonio, benvenuto... era un pezzo che non ci si sentiva, lieta di ritrovarti, ciao

anonimo ha detto...

Eccheccavolo, fai trasloco senza avvisare e mi tocca scoprirlo da me? Eh no, non si fa così :-)))) La faccenda dei critici è... critica. Ammetto di non avere molta considerazione dei critici e di non essere ancora riuscito a capirne l'utilità. Purtroppo ci sono e qualcuno gli dà retta; mai capito quanti però e se effettivamente diano retta a loro - i critici - o ad altro. Ufff mi sto complicando la vita, sarà perchè nevica da tre ore e passa... ;-) Buona giornata. Trespolo.

anonimo ha detto...

Cos'è una critica militante? Una critica che, per definizione, milita, assume posizioni ideologiche, di principio, spesso di scontro. Il terreno di scontro, il più delle volte, non è prettamente estetico o morale. E' politico. Quindi una critica militante è il più delle volte una critica di pregiudizio e di schieramento. Esattamente l'opposto di ciò che, credo, una critica debba essere se non vuole essere reazionaria e incapace di cogliere le evoluzioni dell'arte e della società. In realtà hai ragione. In molti non fanno che costituire circoli chiusi, supposte elite in cui gli eletti sono in genere autoeletti e non fanno che acclamarsi tra loro menti e geni.

missy_ ha detto...

Le cose sono più semplici quando si fa la critica di autori morti da secoli. Nel mio caso, occupandomi di arte antica, certe "pressioni" non esistono e quindi credo che il lavoro si possa svolgere con maggiore serenità.

Non vorrei trovarmi a discutere di artisti contemporanei...ma è un peccato, cmq, perchè lo scontro "politico", come dici tu, priva della bellezza (o bruttezza, dipende).

Bel post.

Missy.

anonimo ha detto...

Certo, l’autore deve essere il primo critico di se stesso. Ma questa è proprio la cosa più difficile. Come fa a diventarlo? Si sa, è piuttosto difficile guardarsi con occhio distaccato. Allo scopo possono servire 1) una buona cultura, che ti consente di percepire se le parole che hai scritto hanno un briciolo di originalità o se invece sono state già dette mille volte nello stesso modo, se il tuo testo è una copia degradata o una variazione sul tema esteticamente accettabile; 2) il riscontro di chi ti legge. Fra questi, i critici, che dovrebbero essere lettori privilegiati, cioè in grado di mettere in relazione il tuo testo con altri e con un contesto culturale ampio.

La polizia daziaria (articolata in editori e critici) ha il compito di selezionare e scegliere. Però, si sa, non sempre i criteri che usa sono nobili. Il corretto rapporto fra etica e critica letteraria prevede innazi tutto l’uso di criteri corretti, non oggettivi ma correttamente soggettivi (scopo dell’incontro sul tema era riflettere su questi criteri).

Oggi, in realtà, i criteri usati sono sempre più lontani da quello fondamentale (l’onestà intellettuale) e questo filtro sembra spesso impazzito.

E allora, ben vengano i blog e i siti personali, che sono sempre interessanti da tenere d’occhio. Lì non opera nessuno strumento di selezione e si crea una piccola comunità di riscontro libera da motivi di gradimento extraletterari. Questo è il bello, ma è anche il motivo per cui è molto difficile notare una cosa, sommersa dalla quantità indiscriminata, e farla navigare fuori dalla comunità di affezionati.

Ci sono anche altri piccoli strumenti, come le riviste indipendenti (cartacee o telematiche che siano). Lì una selezione c’è e agisce con un tasso di onestà intellettuale certamente superiore rispetto alla grande editoria e ai critici che sfornano pareri stando ben attenti ai favori da scambiare.

Per questo, a Palermo, pubblichiamo Margini, una piccola rivista in cui tu, caro Antonio, hai avuto la bella idea di proporre anche qualche racconto preso dal web.