mercoledì 22 novembre 2017

doctor, doctor

Sono arrivato alle 8, accolto, indirizzato in una camera con mobilio nuovo e dove tutto era funzionante. Bagno pulitissimo, con ancora il profumo del detergente utilizzato per igienizzarlo. Poco dopo è arrivato Lorenzo "sei il penultimo della lista, prima delle 14 non se ne parla". Mi sono messo di santa pazienza ed ho atteso, nel frattempo qualcuno ha tentato di incannularmi una vena, ma siccome sono un tipo profondo (così gli ho detto per rassicurarlo) non è stata una operazione facile, ma alla fine c'è riuscito.
Mi ero portato un libro dal metafisico titolo "Curarsi con i libri", uno di quei saggi che non si leggono tutto d'un fiato ma che richiedono momenti particolari, come i voli, le sale d'attesa silenziose, i momenti di sospensione del frenetico fluire della realtà. Poi alle 14 è arrivato un altro infermiere che mi ha trasportato con tutto il letto (nuovo, comodo ed ultraregolabile con un telecomando a portata di mano) giù nella stanza antistante la sala operatoria. Dentro, si stavano sciarriando, per piccoli problemi di turni e competenze, ma nelle sale operatorie del secolo scorso i chirurghi famosi imprecavano e smoccolavano selvaggiamente. Si è avvicinato Lorenzo, insieme al quale abbiamo cercato la migliore posizione sul tavolo operatorio, poi una dozzina di persone, mi hanno circondato, coperto di teli, collegato con fili, monitorato e osservato. Quindi Lorenzo ha detto "anestesia", "ok, andiamo" ho risposto io. Lui aveva preannunciato "una ventina di minuti di pazienza", e probabilmente ci ha messo meno tempo del previsto a togliermi dal braccio sinistro quello che due anni fa mi era sembrato uno sbandieramento del tricipite. Non era un braccio floscio ma un qualcosa che si doveva togliere, e così è stato. "Lo vuoi vedere?" mi ha detto Lorenzo dopo avere tagliato, tirato, strappato, elettrocauterizzato, cucito, pinzato, suturato e medicato. "No, lascia perdere". Poi una delle infermiere ha preso il reperto e ha detto "lo metto in formalina" e mi hanno riportato nella stanza, dove sono rimasto un altro paio d'ore e poi Donatella mi ha riportato a casa. Siccome non ero mai stato personalmente ospite degli ospedali siciliani, sono rimasto positivamente colpito dalla qualità della prestazione offerta: ho un ricordo americano che al confronto sfigura.
Mi ha impressionato il tragitto fino alla sala operatoria steso a faccia in su a guardare il soffitto, mi ha impressionato tutta l'organizzazione necessaria ad un intervento che io ritenevo una cosa da farsi "additta additta (in piedi e senza altre complicazioni), mi ha impressionato la lotta del Chirurgo con quella "cosa" che io pensavo essere flottante sotto al tricipite e invece era abbarbicata ai muscoli in un abbraccio durevole, mi ha impressionato il fatto che- pur avendo subito una anestesia locale- non ho sentito particolari dolori e ho invece percepito, come essere intorno al tavolo insieme agli altri e non a letto, tutto ciò che mi è accaduto. Mi ha impressionato sentire il rumore ovattato della sparapunti (mi hanno ricucito con una spillatrice?).Ora vedremo come andrà la notte, ma finora posso dire che sento meno dolore e fastidio di quando mi rompo un'unghia oppure devo affrontare un pelo di barba incarnito...ho sofferto più la mancanza del caffè al risveglio (vieni digiuno mi raccomando) che il resto. Vedremo.
Ps: mi hanno asportato un lipoma, una specie di palla di grasso che si forma spontaneamente e per imperscrutabili motivi da qualche parte random nel corpo, risparmiatevi visite e fiori se siete amici o cravatta nera e smorfia di circostanza se siete nemici. Sono già a casa "alive and kicking" e lunedi riprenderò a lavorare.