(foto di medicineman)
Dunque, lo psicoshop. Che secondo me ci hanno studiato insieme psichiatri, psicologi del comportamento giovanile, esperti di qualcosa e grandi figli di b*.
I miei pargoli mi avevano avvisato "sulla quinta c'è stò posto, ci dobbiamo andare per forza".
Vabbè, mi sono detto, ci andremo.
Arrivati nei pressi noto una fila, una lunga fila di teenager, molti accompagnati dai rispettivi portatori di portafoglio. Una cosa che mi ha colpito è stata il fatto che chi era in fila aveva già pacchetti al polso con il nome di codesto negozio, "sono recidivi" ho pensato subito.
Da fuori, non si vedeva un accidente, le vetrine sono perennemente sprangate da assi di legno che danno l'idea che stai per entrare in un baraccone. Man mano che ti avvicini senti prima la musica ; non semplice musica da discoteca bum=bum, ma un certo sound sofisticato, a volume sostenuto, però si capiva che lì dentro non ci saremmo assordati.
La seconda cosa che ho notato, anzi che ho percepito, è stata il profumo. Dall'ingresso del negozio promanavano ettolitri di fragranza della casa, per cui già la testa cominciava a girare un pò.
Dunque siamo arrivati nei pressi della soglia, siamo entrati e la terza cosa che ho notato è stata che tutti ti salutavano come se ti conoscessero da tempo, molti ti toccavano anche, le braccia, il torace, le spalle.
"cominciamo bene" ho pensato, ed ho notato una quarta cosa; tra il personale del negozio non c'erano adulti, erano tutti più o meno teenager, i ragazzi boni con la camicia aperta sui pettorali, le ragazze miaumiau che sbattevano le ciglia come se avessero il parkinson alle palpebre. La quinta cosa che ho notato è stata che alle casse, dove si pagava, e ce n'era una ogni piano, non sostava nessuno; se però ti avvicinavi con della merce in braccio, anelante di strisciare voluttuosamente la carta di credito per concretizzare l'acquisto della ambita merce, subito spuntava un bel giovane o una bella giovane che sorridendo amabilmente ti conducevano per mano verso la dannazione del conto corrente. La sesta cosa che ho notato è che dentro era tutto un gioco di luci e penombre, poche luci per la verità, per cui se ti andavi a provare qualcosa nei camerini, non avresti capito come ti stava. Non è vero, non è che non avresti capito, perchè appena uscivi dal camerino con la t-shirt indosso subito si avvicinavano un paio di angioletti o angiolette che ti dicevano ma quanto sei carino ma come ti sta bene ma come sei fico. Ovviamente in nuiorchese, ma si capiva benissimo. La settima cosa che ho notato è che nonostante ovunque a niuiorc ci fossero sconti, là non ti scontavano proprio nulla. Dovevi essere felice di pagare il prezzo pieno. E poi tutti a sorridere, e a sfiorarti, una specie di microeden dello sciopping.
Alla fine ho comprato una t-shirt blu con una testa di pellerossa disegnata pure io, e la ottava cosa che ho capito è che mi sta proprio a pennello.
(lo psicoshop è quello dell'ultima foto del post precedente, non lo nomino per non fare pubblicità, che tanto non gli serve).
*i grandi figli di b ovviamente si capisce benissimo chi sono.