martedì 2 agosto 2005

Senza titolo 3

 


arrivederci a settembre!

cinque giorni a barcellona.2

La abbondanza di donne col pancione, e la presenza costante di piccoli parchi giochi per bambini, mi ha dato l’occasione di riflettere sull’ottimismo dei barcellonesi, che evidentemente mettono in cantiere e sfornano figli (ho visto numerose coppie, dall’aspetto borghese, con tre e quattro bambini) perché hanno fiducia nel futuro.


Un altro dato strano, ho incontrato almeno una quindicina di passeggini biposto, carichi di altrettanti gemelli, probabilmente l’abbondanza di cliniche per l’inseminazione artificiale è tra le cause di questo fenomeno.


Tante coppie miste, non solo nel senso uomo bianco donna di colore e viceversa, ma anche nel senso uomo con uomo, e donna con donna, che si scambiavano tenerezze sotto lo sguardo indifferente dei passanti; onestamente alle mie latitudini non mi era ancora capitato di vedere più volte sull’autobus delle ragazze che si baciassero tra loro, senza alterazioni apparenti dell’omeostasi in cui erano immerse.


Tra le migliaia di persone che affollavano le ramblas o i bus turistici, ho sentito poche volte la parlata italiota, però i connazionali si facevano riconoscere per tutta una serie di piccoli vizi come strepitare al cellulare, controllare la corretta disposizione delle griffe sul corpo, commentare in pubblico in maniera idiota ad alta voce.


Ciò  che mi ha fatto sentire veramente calato in un contesto assolutamente internazionale e multirazziale e trasversale sono stati i piedi.


O meglio, il fatto che ai piedi della maggior parte delle persone che ho incontrato ci fosse un paio di infradito; uomini e donne, adulti e bambini, tutti uniformati, con buona pace dei produttori di altri tipi di calzature, nell’utilizzo di questo tipo di scarpa.


Che io non riesco ad usare, e il problema risale ad anni fa, quando da piccolo dovetti imporre all’attenzione di mia madre il fatto che le “giapponesine”, così allora si chiamavano, mi ferivano lo spazio tra alluce e secondo dito, cosicché, dietro consiglio del cugino dottore, venni arruolato nella truppa rumorosa del dottor scholl.


Sulla rambla ho visto la pubblicità di una tipa che leggeva i piedi, un’ora di tempo per farlo e dieci euro di tariffa; chissà se a tutti i clienti ciabattanti fa anche lavarli, i piedi.


Tornato a casa, ho sentito impellente il desiderio di rivedere “l’appartamento spagnolo”, anche se mi sono dovuto ricordare che non ho più l’età per fare un erasmus.


Chissà, magari in un’altra prossima vita sceglierò di nascere a Barcelona, che è la città che Palermo avrebbe potuto essere, ma non è.