domenica 18 novembre 2012

Skyfall, ovvero il mito di Edipo-Bond

Visto Skyfall. Se volete andarlo a vedere, scegliete una sala con lo schermo grande grande. Non faccio commenti sulla bravura di Sam Mendes, sulla aderenza al personaggio di Daniel Craig ( secondo me il miglior Bond, anche meglio di Connery), su quanto sia ambiguo e malefico Xavier Bardem. Non l'ha scritto Ian Fleming e si nota, ma secondo me è un pregio. Il film e'lungo, ma prende. Parti di azione sfrenata, senza eccessi impossibili, e parti di attesa e riflessione. Una tragedia greca, in cui James Bond si sbarazza di Edipo. Distruggendo la casa del padre e vedendo morire M, sua madre putativa nell'MI6. Continui riferimenti ad altri episodi, sotto forma di impercettibili citazioni, e il senso immanente ed inevitabile del Panta Rei. Andateci, senza aspettarvi una pellicola artistica, ma andateci.

martedì 2 ottobre 2012

The second law

Una mia nuova recensione su audio-activity.com qui http://www.audio-activity.com/the-2nd-law.html

lunedì 1 ottobre 2012

Ultimo viaggio

Andavo a casa sua, una grande casa in paese piena di stanze, di porte, di silenzi e di segreti che in estate si animava di persone e bambini e rumori. Portavo con me il registratore a cassette e col microfono registravo i dischi di De Andare', in religioso silenzio. E osservavo curioso un armadillo impagliato che era vietato toccare. E qualche volta la fedele Rosa mi faceva vedere i gattuffi, o mi faceva assaggiare dolci ancestrali, la cui ricetta veniva tramandata esclusivamente a voce. Adieu, Maria Cristina, che ti sia leggero quest'ultimo viaggio.

sabato 29 settembre 2012

Quattro astoria

Curriculum per il preside quattro a storia So fare poco e niente Ma quel niente Lo faccio perfettamente Oziando mollemente Sulla poltrona di pelle Mangiando ciambelle

giovedì 20 settembre 2012

E'stato il figlio, no...e'stato il regista

Che parlandone con amici, ci siamo detti: perche' questo film e'piaciuto pure all'estero? Perche' le periferie degradate non sono solo a Palermo, luogo dove e'ambientato il romanzo di Roberto Alaimo. E neppure può essere un ragionevole pretesto il fatto che la storia raccontata nell'omonimo libro sia una storia vera: in qualunque paese del mondo dare troppi soldi a chi non ne ha mai avuti abbastanza neanche per mangiare produce notoriamente effetti aberranti. Tuttavia, a me ed agli amici il film di Cipri'non e'piaciuto. Intanto si riconosce la scuola di Cinico TV nel metodico sistema di cercare e trovare maschere per tutti i personaggi, che finiscono per essere dei tragici freaks. Poi la presenza incombente dei simboli, che pero' non sono criptici, da decifrare alla fine del film. E'chiaro da subito che la morte, impersonata da un tizio immobile vestito di nero, e'presente e colpira'diverse volte nel corso del film, che poi sarebbe innaturale immaginarsi un film ambientato a Palermo dove la morte non abbia la sua parte. Potrei continuare ma mi fermo qui, un film che non e' un cattivo film, ma un film cattivo, e si esce dal cinema incazzati negativamente. [e'stato il figlio]

domenica 9 settembre 2012

venerdì 8 giugno 2012

una fazza una razza, ma con distinguo

Una fazza, una razza (per non parlare della palla, notoriamente tonda e quindi pazza). Dopo la nausea da calcio italiota, così prevedibilmente truffaldino, mi sono detto: "cominciano i campionati europei, magari si vede qualche partita interessante". I ricchi padroni di casa, i polacchi dall'alto pil, spadroneggiano appunto, e vanno in vantaggio tramite un biondo che pare appena scappato dalla vicina Germania, tanto pare tedesco appunto. I greci verranno strapazzati come merita la squadra di un paese morto di fame, come noi, penso io. Poi ci si mette pure quel portoghese dell'arbitro, a cui volentieri posso suggerire un mio amico oculista, gratis lo faccio visitare, che prima ammonisce e poi espelle un marcantonio greco con due cartellini gialli assolutamente inventati. I greci sono finiti, ho pensato. Previsione errata, erratissima. Infatti gli dei dell'Olimpo, che si erano appennicati, mandano Mercurio in campo, quello ispira la frombola di un ellenico che pareggia, incredibile, non ci sperava più nessuno. Poi, l'arbitro concede un rigore sacrosanto alla Grecia, il capitano (che becca un cartellino giallo a partita, è un pò nervoso raccontano i telecronisti) va sul dischetto, e a questo punto gli dei dell'Olimpo dovevano essere al quinto o sesto calice di ambrosia e si dimenticano di mandare Minerva a regolare il piede del calciatore greco. Che si mangia il rigore. A questo punto i polacchi potrebbero provare a vincere ma non ce la fanno, e i greci potrebbero provare a perdere ma si salvano, alla faccia dello spread e del debito pubblico. Finisce uno a uno: la cosa più bella della partita però è la faccia dell'allenatore brasiliano dei greci, uno che pare pensare, ad ogni castroneria che combinano i suoi ragazzi "ma chi me l'ha fatto fare a me di andare fino ad Atene quando potevo godermi una meritata pensione a Copacabana". E di una fazza una razza resta la sensazione che i greci siano più cazzuti degli italianini, che tanto hanno tutte le scuse pronte, un elenco che verrà sciorinato dopo la prima partita che sarà, come temo un cappotto: il fatto è che in estate il cappotto non serve.

martedì 8 maggio 2012

viaggiatore

Il viaggiatore che intenda trascorrere un periodo di vacanza, o di studio, a Palermo, deve, a mio parere , programmare il suo viaggio in modo da raggiungere la città nel pomeriggio. E deve, senza alternative, arrivare con l’aeroplano. Sperare innanzitutto che il pilota prenda la rotta che durante la planata prima dell’atterraggio gli faccia sorvola Ustica. Poi, il nostro viaggiatore deve sperare che la macchina volante viri e scivoli d’ala, e si affianchi alla costa agganciando il maestoso Capo Gallo. Se questo viaggiatore appiccicherà la fronte al finestrino (ma siamo sicuri che l’abbia già fatto, dal momento in cui il comandante o chi per lui annuncerà che si è iniziata la discesa verso Palermo, spiattellerà la fronte e il naso al finestrino per cercare di riappropriarsi della terra, dopo il sorvolo del mare), vedrà i frangenti sugli scogli della riserva marina, e subito dopo un varco nella montagna gli consentirà di osservare tutta la città in diagonale, da Sferracavallo a Romagnolo, zoomando attraverso la ex Conca d’Oro. Pochi istanti e l’aereo si affianca alla costa, segue il profilo frastagliato dell’autostrada, sorvola radente l’Isola delle Femmine, che vista da qui sembra veramente un’isola e non uno scoglio troppo cresciuto come invece appare dalla terraferma, sfilano alla sinistra le baie di Sferracavallo, Capaci e l’aereo piano piano perde quota, morbidamente scende. E si cominciano a distinguere i gabbiani, le creste delle onde che spruzzano schiuma se c’è vento ( e c’è sempre vento a Palermo Punta Raisi), il fondale è trasparente, verde chiaro-verde scuro, poi blu poi azzurro poi di nuovo verde e poi bianco e poi la torre di avvistamento saracena e già nella carlinga oscurata si percepiscono le bisbigliate preghiere di chi ha timore dell’atterraggio. Le hostess cinturate ai loro posti cinguettano apparentemente distese, e non si capisce se le passeggere di sesso femminile pregano perché temono di essere inghiottite dai flutti in caso di incauta e infausta manovra del comandante o perché paventino l’incontro con qualcuno che le sta attendendo a terra, in aeroporto. Questione di qualche istante di vuoto, un’assenza di tempo e di sensazione, il pilota ha messo i motori al minimo e i carrelli sono aperti da un po’, gli ipersostentatori usciti dalle ali come ali di un bruco che diventa farfalla. Silenzio, assenza, vuoto, si trattiene il respiro, qualcuno fa scorrere un muto rosario tra le dita. Quasi quasi si sentono le pulsazioni dei cuori dei passeggeri, insieme al delicato rumore aerodinamico della fusoliera che senza più spinta sta per ricongiungersi al suolo. Un microtempo che pare eterno, e poi, finalmente, le gomme del carrello toccano terra, di solito senza troppi complimenti, la bestia volante si posa con tutto il suo greve peso di metalli e carne, e subito dopo, le femmine giaculanti non hanno tempo di scorrere un’altra preghiera, l’attacco possente della retrospinta, e i flap stesi come biancheria al sole, luccicano, frenano, rallentano. La pista sembra troppo lunga poi troppo corta e infine la velocità è dissipata, il comandante sterza e si avvia verso l’aerostazione- Applauso, signore e signori, il popolo salvo applaude al pilota, padremadrefratelloamico che li ha condotti sani e salvi in porto, applaudono le comitive di studenti, i gruppi di abbronzati in ritorno dai mari del sud, qualche manager che di atterraggi non proprio ortodossi ne ha vissuti più di qualcuno, su questa maledetta pista strappata alla steppa ventosa di Punta Raisi. Comincia la litania dei saluti da parte della compagnia, alcuni ansiosi hanno già acceso i telefonini che impudicamente squillano, tradendo la mossa furtiva del loro proprietario, subito vengono zittiti e l’incauto attivatore del pulsante di acceso resta fulminato dallo sguardo greve di muto rimprovero dell’assistente di volo. L’aereo non si è ancora parcheggiato (i finger, simbolo di modernità esistono, ma vengono raramente usati, forse per non sciuparli troppo) che, come spinti da invisibili molle, i passeggeri scattano in piedi, con un coro di clac (le cinture di sicurezza sganciate) e tentano di afferrare i bagagli a mano stipati nelle cappelliere: cadranno a terra cappelli, borsette, scatole di giocattoli e cioccolatini. Meno male che stiamo tornando a Palermo, e di vassoi di cannoli che potrebbero soccombere sotto qualche borsa non ce ne sono più. Ma è una guerra effimera, in pochi secondi sono tutti pronti, mentre ancora le porte sono chiuse e le scalette stanno pigramente veleggiando verso l’aereo. Una specie di posizione yoga, la posizione del passeggero immobilizzato, posizione che dura anche dieci minuti e garantisce infiammazioni di sciatiche, tortura di tendini, surriscaldamento, alito cattivo. Finalmente le hostess aprono i portelloni dell’aereo: è uno schiaffo, l’aria puzzolente che ristagnava in cabina viene spazzata via dalla corrente instauratasi lungo la fusoliera, una corrente che odora di scirocco, di sale, di mare, di kerosene e friggitoria. Siamo a casa, non ci sono dubbi. Tutti a terra, trascinando i trolley dimensione cabina che però sembrano contenere piombo concentrato per come scricchiolano penosamente sul cemento della pista: il bus (uno solo, ma ci staremo tutti?) aspetta a qualche metro, mentre qualsiasi vento sbatte in faccia ai passeggeri il fetore dello scarico del motore, rigorosamente un diesel che avrebbe meritato di essere installato su un panzer. In altri aeroporti i bus sono elettrici, però qui potrebbe sembrare un eccesso di snobismo, il vento è meglio lasciarlo correre, non catturarlo anche in aeroporto per produrci elettricità. Insomma, sul bus ci stiamo tutti, manca solo che qualcuno incolli sull’esterno della carrozzeria la scritta “sarde salate in scatola” . Il cigolante bus percorre faticosamente un breve tragitto e scarica la folla ai piedi di una rampa con un tornantino degno di una gara automobilistica, guai a rallentare o sbandare, si innescherebbe un tamponamento a catena, dalle terribili conseguenze: i passeggeri restituiti alla Madre Terra hanno fretta, una fretta indiavolata di percorrere il tragitto che li separa dalle sale interne dell’aeroporto, chi per raggiungere una toilette e scaricare la vescica, chi per arrivare primo al traguardo dei nastri dove spera di ritrovare il bagaglio imbarcato nella vorace stiva della macchina volante. Intanto, alcune guardie di finanza annoiate osservano gli ex-passeggeri, cercando di individuare ad occhio e croce coloro i quali stanno illegalmente importando merci proibite: fino a poco tempo fa cani lupo isterici puntavano i bagagli dei sospetti, ma saranno schiattati per il superlavoro, e non sono stati sostituiti. Si arriva alle porte scorrevoli, dotate di vetri opachi, sopra le quali è scritto “uscita”. Si percepisce nell’aria una violenta vibrazione, un urlo ancestrale, il richiamo preistorico del dna. I parenti. I parenti che sono dall’altra parte della porta, ammassati alle sbarre in attesa di riappropriarsi di quei chili di carne e sangue che sono stati lontani da loro per ore, giorni, settimane. Peccato mortale, i parenti devono stare vicini, appiccicati, fondendo le loro cellule in un groviglio indistricabile, ineluttabile, inevitabile. E’ un attimo, le porte scorrevoli si aprono, un boato disumano accoglie i passeggeri, ormai ridotti al rango di oggetti viventi di cui riappropriarsi. “iddu, iddu è” urla una con pochi denti e tanti capelli, e subito i consanguinei si voltano “unni, unni” e non appena il traditore che ha commesso il terribile peccato di partire per un viaggio arriva a portata di grinfie, sparisce nel soffocante abbraccio della “famigghia”. Spesso, per chi ha fretta di raggiungere il parcheggio o il bus per la città, non v’è altra scelta che sgomitare e spingere, perché i parenti sono lì immobili, passata la prima ondata di sbarchi stanno attendendo di riconnettersi con altra carne pentita e ritornata a casa. Terminato lo scontro gladiatorio coi parenti degli altri, può capitare di fermarsi davanti a porte scorrevoli guaste, e poi una volta usciti comincia lo strattonamento dei taxisti, legali e abusivi, che cercano continuamente polli da spennare lungo il tragitto che dall’aeroporto conduce in città: perdete ogni speranza, o voi che entrate nell’auto con autista, della tariffa non v’è certezza. A seconda dell’umore del conducente e dell’aspetto esteriore del passeggero, può enormemente variare, con buona pace della “tariffazione concordata con le categorie” come scritto sugli adesivi incollati sui taxi. Sei a Palermo, viaggiatore ritornato o appena arrivato, preparati perchè l’aeroporto è solo l’inizio.

mercoledì 25 aprile 2012

To Rome with love: Woody, sei un grande figlio di.

Ierisera, all'improvviso, ci siamo detti: " andiamo a vedere il film di Woody Allen". Ok, ho pensato, almeno ne potrò parlare pure io, dopo le stupide recensioni che ho letto in giro. Potrei risparmiarmi tutti i giri di parole che scriverò dopo, e dire "andate a vederlo". E questo basterebbe. Ma partiamo dall'inizio. Woody Allen è un "grande fijo de nà mignotta" come si dice a Roma, città verso la quale inequivocabilmente nutre un grande amore. Sì, perchè si è preso in giro e ci ha preso in giro, noi "italians", su tutte le nevrosi, le vaghezze, il vuoto di ideali e di concretezza dei media e degli uomini e donne italiani. La storia (che è un intreccio di diverse storie) parte lenta, poi prosegue lumacheggiando sulle pietre dei Fori Imperiali e sulle facce degli interpreti, fino ad arrivare al momento in cui la matassa è una supernova impazzita, e lo spettatore capisce tutto, capisce non solo cosa è successo e come andranno a finire i singoli racconti del film, ma capisce pure che Woody Allen ci conosce bene, noi "italians". Bello, bello, non racconto niente per non togliervi il gusto. Nel cast, pieno di italiani che fanno perfettamente il loro mestiere di "italians" ( ci trovi uno Scamarcio che non ti aspetti, topo d'albergo che parla pugliese, un Antonio Albanese che fa l'attore egocentrico e vigliacco, il "mio" Ninni Bruschetta e così via) spicca anche una spettacolare Penelope Cruz che impersona nella maniera più efficace possibile la escort da jet-set. Esilarante il cocktail in cui lei incontra tutti i clienti della sua settimana lavorativa, che la adorano e le dicono pure "sono con mia moglie". E i parenti invadenti, i talenti nascosti, i narcisi, i self made men, e la televisione, invisibile ma presente con cronista microfonato nel bagno di uno che (Roberto Benigni) è stato investito casualmente dai wharoliani 15 minuti di celebrità. Grazie Woody (lui interpreta un fobico impresario musicale con moglie psichiatra al seguito) e speriamo che la Musa del Cinema ti ispiri e ti mantenga in buona salute per lungo tempo ancora, noi poveri spettatori oppressi dai mercati e dal pessimismo finanziario ne abbiamo bisogno.

venerdì 13 aprile 2012

Arrizzano i carni

"arrizzano i carni" è un modo di dire tipicamente siciliano, la cui traduzione italiana, che in verità non rende l'idea a sufficienza è "si accappona la pelle". Che poi, il meccanismo fisiologico è detto "orripilazione", anche questo non rende bene l'idea. Ma andiamo con ordine: ore 8 e qualche minuto di stamattina, mentre stavo davanti al lavabo della cucina, e mi accingevo a lavare la tazzina del caffè, una forza sovrannaturale ha spostato a destra e sinistra il lavandino. M'arrizzarono le carni, terremoto, che così intenso non lo sentivo da tempo. Il caffè mi è rimasto indigerito ed ha continuato a sciabordarmi nello stomaco per tutta la giornata. Blah. Poi, mentre mi recavo in un luogo di lavoro molto, molto lontano da casa, ho visto la tabella di un artigiano, che riprendeva il nome e cognome di un ex collega di università: mi sono detto, "saranno quindici anni che non lo vedo, chissà che fine ha fatto". E mentre mi avvicinavo a piedi all'ospedale di questo luogo molto, molto lontano da casa, mi sento chiamare "Antoooniooo". Mi volto, e mi arrizzano arreri le carni. Era lui, quello a cui avevo pensato una mezzoretta prima: ci siamo scassati le scapole a furia di pacche e abbracci, cose da pazzi, chissà se funzionerà di nuovo. Poi, nel pomeriggio ho ricevuto una telefonata inattesa, con complimenti e testimonianza di vera stima; non me l'aspettavo, ed inutile ribadire che anche in quest'occasione m'arrizzarono i carni. Avrete finalmente capito il valore omnicomprensivo del modo di dire: vale sia per le cose positive che per quelle negative, se accompagnate da genuina sorpresa. Tornato a casa, mi è rimasto da scaricare un paio di quintali dal bagagliaio della macchina, domani pioverà e mi sono comprato qualche mobiluccio dell'Ikea per arredarmi lo studio di casa nuova. In questo caso, nessun arrizzamento di carni, ma solo il pensiero che dovrò farmi un cuxx cos', prima a scaricare e dopo a montare. E il significato di farsi il cuxx non ve lo spiego.

venerdì 9 marzo 2012

Hi-fi e musica: dry the river - shallow bed

Hi-fi e musica: dry the river - shallow bed: Cominciamo dalla copertina: uno la guarda e si aspetterebbe di stare andando ad ascoltare uno dei soliti dischi metal-horror che tanto pia...

sabato 25 febbraio 2012

giovedì 2 febbraio 2012

postrasloco

che ne sono riusciti due in meno di una settimana; quello della casa reale e quello della casa virtuale, recuperando tutto il materiale proveniente dall'ormai defunto splinder. rip.