venerdì 27 gennaio 2006

blocco stradale

semaforo verde, si va, manco trenta metri e siamo di nuovo fermi.
un muro di macchine, fuori dal confortevole abitacolo, cielo nero e minaccia di temporale.
si avvicinano dei ragazzi intirizziti.
picchettano sul vetro, hanno dei volantini in mano.
sono vestiti in maniera, direi, creativa.
(appena finisco di pensarlo, mi chiedo che vorrà dire ciò che ho pensato)
mi porgono questo.
bellearti




















solidarizzo, ma mi incazzo lo stesso.
Nel frattempo, da una fiat punto accanto alla mia esce una donna, indossa un piumino arancione, e stivali neri.
dalla radio intanto esce musica che conosco, il ritornello dice "I dont'know what is love but I heard it".
la donna cerca di farsi notare dai ragazzi che fanno il sit-in davanti alla sede della televisione.
"sono una dentista, ho una emergenza in studio".
poi mi guarda. ha gli occhi blu.
abbasso lo sguardo, smanetto ancora con la manopola del volume.
quando rialzo gli occhi, lei non c'è più.
si può ripartire. verso le proprie personali emergenze.

venerdì 20 gennaio 2006

un messaggio in codice


DSC01576


























Sint secole de cind n-am mai atins ceva viu.Umblu pe strazi,vinez ciini si pisici care sa.i miingii dar intotdeauna se sperie de mine.Port pe sub pielea palmelor un organ-lama de cutit.
Ma gindesc la tine cala cineva care s-a decupat pe sine dintr-o fotografie si i.a dat drumul prin lume.Daca ne-am intilni acum pe fundul oceanului,tu un fir de nisip si eu o scoica oarecare,nu te-as inghiti chiar de ar fi sa ramin fara perla de-a lungul timpului m.am obisniut cu perlele artificiale si am invatatsa folosesc obiectele fara sale ating.
Dintre toti barbari pe care i-am cunoscut.nu-i niciunul care sa primeasca drept in piept ca tine,lama mea de cutit!


Sono secoli da quando non ho toccato più qualcosa di vivo.Cammino sulle strade in cerca di gatti e cani per regalargli una carezza,ma loro si spaventano.
Porto sotto la pelle delle mie mani un organo-lama di coltello.Penso a te come a qualcuno che si è ritagliato   da una foto e l'hadispersa nel mondo.Se ora ti incontrerò sul fondo del oceano,tu un filo di sabbia eio una conchiglia non ti aspirerò anche se dovessi rimanere senza perla per tutta la vita .Mi sono abituata ,e ho imparato ad usare gli oggeti senza toccarli.
Tra i tutti barbari che ho conosciuto non è nessuno che possa ricevere come te dritto in petto la mia lama di coltello!

mercoledì 18 gennaio 2006

nostalgia fraterna



Avevo un fratello che viveva su Marte. Io non l’ho mai conosciuto. Nel senso che non ho mai saputo come fosse giocare con un fratello. I miei compagni me lo dicevano, ho giocato con mio fratello, mi sono picchiato con mio fratello, mio fratello mi ha aiutato. Io no, niente.

I miei genitori mi hanno detto che andavano a fare un viaggio, che sarebbero stati via solo per poco tempo, e dopo sarebbero tornati. Invece non era vero. Sono andati nello spazio con una spedizione sperimentale, durante il viaggio mia madre è rimasta incinta, ed ha partorito nella stazione orbitale.
Poi loro sono andati a vivere su Marte, io li vedevo solo nei monitor della Società che li aveva mandati li, mi dicevano che sarebbero tornati presto.
E mi facevano vedere questo fratello, era un lattante, prima.
Poi è cresciuto, e non si faceva vedere più, ed io continuavo a vivere con gli zii. Che poi ho scoperto che non erano neanche i miei veri zii, ma dei funzionari della Società di viaggi spaziali, che mi facevano credere di essere miei parenti.
Ed ancora adesso, anche se mi hanno detto che lassù sono tutti morti, certe notti vado sul promontorio e canto.
Prendo uno strumento del mio paese, uno di quelli che posso suonare con le mie sei mani, e canto. Canto una canzone dei Radiohead a mio fratello, mio fratello che viveva su Marte.

sabato 14 gennaio 2006

ordini superiori


stavo dormendo, ad un certo punto mi sono messo a sognare: ovviamente sogni allucinati, tipici di chi conduce una vita noiosa e regolare come me.


tipo foreste popolate da donne che volevano a tutti i costi conoscermi biblicamente.


poi si è materializzato lui, sull'assolo di Moby Dick, e mi ha detto "ci devi provare".


"con chi, con queste ragazze?" ho risposto io. "cretino", ha detto lui prima di dissolversi in una nuvola dorata.


così ieri mi sono iscritto ad un corso per adulti di batteria.

domenica 8 gennaio 2006

strange days - 1



vetrina





Nei negozi specializzati, dal tetto pendono i fermentatori in cui, illuminati da luci fredde, galleggiano i feti, costruiti secondo le specifiche di chi li ha ordinati.
In linea di massima, anche i neri vogliono figli bianchi, con grandi occhi azzurri e capelli biondi.
In linea di massima, scelgono quasi tutti il modello baby angel, nelle sue ventiquattro varianti somatiche.
In linea di massima, il mondo sta avviandosi a diventare banale, un mondo in cui i desideri dei genitori finiranno per condizionare definitivamente i figli, ed il futuro della specie.



scarpe




Mary-jo desiderava un paio di scarpe adatte alla serata, ne dettò le caratteristiche al sintetizzatore materiale, il biomisuratore calcolò la taglia esatta, in pochi minuti furono scolpite dentro il forno generatore.
Mary-jo indossò le scarpe, dopo averle lasciate raffreddare sul condizionatore, pensando con soddisfazione interiore a quando doveva andare in giro nel traffico congestionato della metropoli a cercare le scarpe che le piacevano.
Mary-jo prese una lastrina di psicofarmaci liofilizzati, dosati secondo le esigenze della sua condizione emotiva, la mise sotto la lingua, si guardò le gambe fasciate nelle calze fluorescenti, rimirò le scarpe nuove, si sentì pronta alla festa.
 




fiera




Alla Fiera della Psicoanalisi, gli stand sono arredati in maniera sobria, si nota la prevalenza di chaise-longue d’autore.
Scrivanie fine ottocento, manufatte in legni ormai estinti, ed i venditori di felicità ben pettinati e con il loro sicuro sorriso sereno, dello stesso tipo di quello che saranno capaci di traslare sul vostro viso. Denti bianchissimi compresi, una equipe di igieniste orali ora pronta a rifarvi la luminosità del ghigno. Tutte le carte di credito sono accettate, pagate anche con il vostro terminale palmare, la Banca Mondiale vi ricorda la comodità di associare al pass digitale di accesso alla fiera un conto con plafond illimitato, questo recitano gli ologrammi fluttuanti negli stand della fiera.
Fuori, negli ordinati parcheggi, branchi di Figli di Nessuno aspirano idrogeno dagli scarichi ecologicamente corretti delle limousine in attesa dei ricchi padroni.



 


ratti





Il cielo brulica di astronavi, che lasciano scie argentate nel verde muschio dello sfondo.
Le cupole urbane, climatizzate con immissione di mix bilanciati di profumi e neurotrasmettitori, garantiscono un eccellente livello di soddisfazione per gli abitanti delle colonie.
Nel sottosuolo invece, gli indigeni divorano tonnellate di spazzatura, rinforzandosi sempre di più.
Da li a poco, senza che nessun guru comunicazionale lo avesse previsto, sarebbe iniziata l’era del Ratto Dominatore. Settecento milioni di ratti ipernutriti sono pronti a dominare alcune migliaia di cloni umani, indeboliti dalle troppe comodità dispensate dai robot; le macchine avrebbero tradito la loro fiducia, ma ancora non lo sanno.





 


 



Memoria



A fine giornata, lei rientrò al suo nucleo abitativo, attraversando le barriere da cui veniva automaticamente riconosciuta.
Giunta a casa, posò il dito indice sullo scanner di memoria; il software avrebbe archiviato i ricordi e le esperienze della giornata, salvandoli in un file apposito, eliminando come da istruzioni i ricordi dolorosi o in qualche modo fastidiosi, così Mary-jo avrebbe rivisto la storia della sua vita mantenendo memoria solo dei momenti piacevoli.




 



Sesso



La riproduzione della specie è affidata ai fermentatori, e per ridurre il rischio di incidenti emotivi e bassa produttività, la commissione per la salute mentale ha deciso di eliminare la pulsioni sessuali dagli esseri umani.
Quindi l’accoppiamento è diventato illegale, oltre che biologicamente inutile.







Il mercato è ricco di apparecchiature sofisticate utili alla sostituzione dell’atto sessuale , almeno nella sua parte fisica.
Quando Mary-jo avvertirà desideri erotici, non avrà altro da fare che avviare il relativo programma dal suo media center.
La diffusione di microdosi di ormoni avverrà attraverso l’impianto di climatizzazione dell’aria, il visore olografico e il letto massaggiatore faranno il resto, senza che sia necessario un partner reale; secondo la commissione per la salute mentale tutto ciò presenta vantaggi igienici e pratici non indifferenti.

Il media center infatti può creare l’ologramma di qualsiasi partner, adattandolo ai desideri del momento, e la stimolazione tramite il letto massaggiatore è igienica e priva di rischi biologici.




 



Ritmoteca emozionale





Dentro la precamera, una p.r. con camice da infermiera e caratteristiche sessuali enfatizzate scopre il torace dei clienti, spruzza uno spray che disinfetta la cute e applica un sensore che trasmette il loro ritmo cardiaco ad un processore, che fa la media degli esseri a sangue caldo presenti nel locale e invia ai sintetizzatori ed alle drum machine il beat corrispondente.
A Mary-jo piace un casino, spesso si agita più del necessario, e il suo diodo emotivo cambia colore.
Dopo mezz’ora la faccenda diventa parossistica, si viaggia intorno a 180 bpm, dove beat per minute vale sia per la frequenza cardiaca che per il rullante della batteria elettronica.
Ogni tanto ci scappa lo svenimento o la crisi epilettica, alla fine della serata viene omaggiato un trip tranquillante e il numero di cellulare dell’autista: non fa domande e  riconduce   a casa, se ce l’hai, o in un albergo cunicolare, o da uno spacciatore di merde sintetiche liquide solide e gassose o al casino con le geishe che fanno dei trucchetti da impazzire. Costa,   tutto costa un pacco di soldi, e magari   serve anche lo psichiatra dopo, ma la vita nella perfetta città del futuro è, a detta dei cittadini paganti, e Mary-jo è in sintonia con la media dei sondaggi, così noiosa.




 



Il collezionista di attimi fuggenti





E’ una specie di guardone, nel senso che segue quelle persone che secondo lui, e secondo i suoi strumenti  misuranti il livello di feromoni e l’adrenalina, stanno andando incontro ad un attimo fuggente.
Ad esempio incontrare una donna di quelle che dici questa me la vorrei sposare ma appena ti volti per darle un altro sguardo   è già sparita.
Oppure la felicità cristallizzata nel sorriso di un bambino a cui è stato comprato un giocattolo nuovo, poco prima che si incazzi perché ne vuole un altro.
Quel tizio ha un apparecchio che ha inventato lui, fa una specie di fotografia dell’attimo fuggente, poi a casa se le guarda, credo che si faccia anche delle intense seghe interiori, ma sono fatti suoi.




 



Facce nuove



E’stato inaugurato una agenzia di face sharing; chiunque sia stanco della propria può prenotare una sostituzione. In effetti i chirurghi chiedono un po’ di tempo per la preparazione al primo cambio, in modo da avere tutti gli attacchi pronti per impiantare il nuovo volto, ma dalla seconda volta in poi bastano pochi minuti e si va in giro con una nuova espressione.
Per motivi di opportunità, lo scambio viene preferibilmente effettuato tra facce di esseri umani di continenti differenti, e sono vivamente sconsigliate, anche se non impossibili, le mutazioni di razza. Peraltro con la opportuna e rapida terapia genica si possono cambiare anche il colore della pelle del resto del corpo, la distribuzione dei peli e le caratteristiche morfologiche del corpo. I prezzi sono ancora alti, ma gli analisti di mercato prevedono un forte incremento della domanda per i mesi a venire, e questo contribuirà a far sì che un face sharing costi poco più di una vacanza su un pianeta del sistema solare. Mary-jo vorrebbe lineamenti più fantasiosi, occhi a mandorla, pelle rosata, ma non si decide, in fondo alla sua faccia è ancora emotivamente legata.



domenica 1 gennaio 2006

bachelite nera



Sblocca tastiera, rubrica, cerca nome, ma come cazzo ti ho archiviato? Improvviso attacco di nostalgia.
Sul muro, in posizione difficilmente raggiungibile dai bambini di casa, tranne che non si munissero di una sedia sufficientemente alta.
Nero, bachelite lucida, dalla cornetta pesante, col deflettore che si schizzava di goccioline di saliva quando a parlarci, o a urlarci dentro, erano gli anziani di casa, un po’ duri d’orecchio.
E quando era duplex, spesso risultava occupato dall’odioso partner di linea, e allora si scendeva a citofonare quando la sopportazione superava i limiti di guardia, e alzare e abbassare freneticamente la cornetta nella speranza che l’altro sentisse i click non aveva prodotto nessun esito.
Lo squillo era standard, non c’era verso di modificarlo, spaccava il silenzio della notte e saettava tra i rumori sferraglianti delle officine, tutti lo sentivano; in tempi ancora preistorici venne dotato della possibilità, tramite una rotellina zigrinata nascosta sotto la base, di regolare la potenza del trillo.
Il disco rotante, coi numeri stampati sopra in colore argento, si poteva manovrare anche ad occhi chiusi: contando gli scatti che emetteva al ritorno si poteva essere certi che il numero fosse stato composto correttamente.
L’attesa delle interurbane, con i tic e i buzz e i clock che lasciavano tutto il tempo di immaginarseli, quegli elettroni su cui cavalcavano le parole destinate alla zia emigrata o alla ragazzina magra conosciuta in estate, e poi finalmente il contatto, un pronto? che sembrava arrivare da un altro pianeta.
La telefonata alla ragazzina magra. Per prima cosa era necessario il permesso: si domandava al pater familias la concessione del telefono, cinque minuti papà , che poteva essere sempre negata in funzione dell’impellenza di una importantissima chiamata di lavoro, e magari non era vero.
Poi ci voleva la giusta dose di coraggio, con le mani sudate estrarre dal diario vitt il numero scritto con la matita, avvicinarsi tremebondi all’apparecchio, comporre il numero con estrema attenzione, bloccare e ricomporlo, magari era stato commesso un errore , tenere il fiato sospeso durante gli impulsi che contraddistinguevano il segnale di libero, esalare un pronto c’è maria? a salivazione azzerata, subire l’interrogatorio del fratello o della madre , che se rispondeva il padre c’era il pericolo che dicesse no non c’è al fine di preservare l’illibatezza della fanciulla.
Se il cavo a spirale era sufficientemente lungo ed estensibile ci si poteva nascondere dietro la porta del camerino, o del bagno, e pronunciare le poche ansiose frasi dal contenuto moderato e dilazionatorio, frenando i picchi ormonali che avrebbero voluto chiedere un appuntamento al baretto il pomeriggio successivo.
Qualche volta succedeva il contrario, cioè che a chiamare fosse una dalla voce sensuale, che si qualificava come la sorella di quel compagno della sezione b, e tra i sospiri fissava un rendez-vouz nel giardino della scuola, all’intervallo: per farti riconoscere metti una sciarpa rossa. E l’indomani c’era un unico coglione con la sciarpa rossa e qualcuno che se la rideva dietro ai cespugli.
Niente a che vedere con la faccia del chiamante che occhieggia dentro al display multicromatico, mentre la suoneria campionata sull’ultima hit richiama l’attenzione di quelli che stanno intorno, tranne di chi deve prendere la chiamata, finchè qualcuno dice vuoi rispondere o no?
E gli sms? Che per le mogli hanno un solo significato: Scopami Maniaco Sessuale, e a mandarli sono Sicuramente Mignotte Svergognate.
A proposito,il numero l’ho trovato e ti ho chiamato ma non eri raggiungibile, fottiti.

essere buoni a Natale?



Lo ammetto, ci sono cascato anch’io. Eppure me lo dicevo che non poteva essere, che dopo 16 anni di silenzio una esce con un cd doppio e le riviste ne parlano, alla radio mettono sempre lo stesso brano. Che poi i commenti delle riviste erano prudenti, non ne ho letto quasi nessuno che si sbilanciasse più del dovuto. Ma che ci volete fare, colto da improvviso raptus buonista ho dilapidato parte della tredicesima dal solito spacciatore di musica, e quando lui mi ha messo sotto il naso una copertina cartonata in gradazioni di tramonto, con una foto tipo highpnosis, sibilando suadente, “prendilo, è doppio a prezzo speciale”, ho abboccato.
E per forza che l’hanno fatto doppio a prezzo speciale, che un cd singolo non l’avrebbe comprato quasi nessuno a prezzo pieno, e dopo averlo ascoltato a casa e in macchina per un numero sufficiente di volte resto convinto del fatto che ci siano solo due o tre tracce da salvare.
Già suona sospetto il fatto che sia registrato ad un volume nettamente inferiore alla media; ma come, con quella voce così potente e acuta?
Lo ammetto, se non era Natale, non lo compravo.
Ah il doppio pacco è quello nuovo della signora Caterina Cespuglio.