venerdì 8 gennaio 2016

Checco si, Checco no, Checco forse.

Ierisera siamo andati a vedere Quo Vado, film di Zalone, (spinto e pompato da tutti i media perchè prodotto dal gruppo Mediaset, che si sa, ha facile accesso a giornali e telegiornali). I miei figli, cinefili raffinati che sorbiscono pellicole al ritmo di un paio al giorno (ma solo se sono in lingua originale con sottotitoli in cinese antico), mi hanno detto "fa ridere, andate a vederlo" e così abbiamo fatto.
Il cinema era pieno di gente, soprattutto ragazzini e gente qualunque, con quintali di popcorn e patatine. La storia ovviamente è semplice e di facile comprensione, narrando di un italiota talmente attaccato al posto fisso che dovrà superare prove titaniche per mantenerlo, sotto gli attacchi di burocrati che vorrebbero cancellare la sua mansione.
In passato, altri autori e attori cinematografici hanno raccontato dell'italiano medio, da Totò a Franco e Ciccio, passando per i film con Alberto Sordi, quelli di Lina Wertmuller, fino ad arrivare al mitico Giandomenico Fracchia, o Fantozzi. Magari erano anche grandi registi come Ettore Scola a raccontare di queste storie (a proposito, Quo Vado ricalca un pò il format di "riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa?") e anche l'intellettuale bilioso ne ha approvato la trasposizione cinematografica. Quo Vado è un film facile, senza troppi trucchi, del quale si può fare o non fare una lettura politico-sociologica (e non cambia nulla se non si fa) o al quale si può semplicemente assistere ridendo delle smorfie e delle peripezie di Checco Zalone: devo riferire per onore di cronaca che il cinema non sghignazzava, e che ho visto alti film in cui mi sono slogato la mascella a furia di ridere. Come concludere: non vale la pena, a mio parere, di affannarsi e fare file al botteghino del cinema, e non bisogna aspettarsi niente di straordinario, per cui non lo consiglio, ma neanche lo sconsiglio. (l'intellettuale bilioso continui a rovinarsi il fegato, e vada a vedere qualche retrospettiva di cinema vietnamita).

Blackstar. Ovvero fare stravizi e vivere a lungo.

Blackstar e'il nuovo lavoro di David Bowie, un altro di quelli che ci dimostra un fatto ineluttabile: essere rockstar allunga la vita. Ma non voglio affrontare temi che competono alla geriatria, fatto sta che il Duca Bianco alla venerabile età di anni 69 ha sfornato un cd interessante e diverso. Sono sette lunghe tracce, praticamente nessuna delle quali ha la dimensione da hit radiofonica. Niente riff e refrain, nessun brano ha il motivetto che sbatte dentro il cranio come un calabrone. Se avete amato certe atmosfere dark di King Crimson e Massive Attack, questo disco così oscuro e ritmato fa per voi, anzi per noi.