mercoledì 26 dicembre 2007

lo spirito (acido) del N.


C’era da mettere un cd dei kings of convenience, aspettare che partisse, e sentire la giusta atmosfera, quietamente domestica ed amichevole, chiudere gli occhi e fare finta che non ci fosse nessuno.

Pensare alle renne; cappottini di renna, bistecche di renna, corna di renna. Merda di renna.

E il vecchio bastardo con il pigiama rosso? Una multinazionale delle bibite gassate sostiene di averlo inventato lei, e brevettato. Ho capito perché ha la panza. Tutto l’anno a bere soft-drinks addizionati di anidride carbonica. E come vola la slitta? A reazione, ecco perche’ vola.

Come nell’alta finanza, mi sono stati consegnati dei futures da riscuotersi la prossima settimana.

Certo, capisco, non hai avuto tempo ma ci hai pensato, lo avresti fatto ma a quel negozio era finito, e non sapevi dove andare; ma è stato prenotato, la settimana prossima arriva, ti manderanno un’email e andrai a ritirarlo. O molto più probabilmente, siccome ho la moto e non ho problemi a parcheggiare, ci andrò io. Autoregalo postumo.

Un libro l’ho ricevuto, ma solo perché mi era stato espressamente chiesto cosa desiderassi in regalo. Certo, ha fatto bene, dopo la tragedia delle bretelle viola dell’anno scorso. Si è notato? Ho avuto una crisi isterica. Ho anche detto che quando vado a fare i regali io ci metto il cuore, oltre che il portafoglio, mentre tu non ci metti né l’uno né l’altro.

Era meglio se non lo dicevo. No, non era meglio.

Non me l’aspettavo, invece, di ricevere una cazzata riciclata, eppure è successo, e da un insospettabile. Ho persino qualche dubbio che esista il negozio indicato sull’etichetta della confezione. Domani vado, tanto ho la moto.

Vabene, è passato. Lo sento sempre meno. Sarà che sto invecchiando. O sarà la crisi mondiale delle aspettative.

venerdì 21 dicembre 2007

Niente nebbia in valpadana (ovvero che ci sto a fare in questo non luogo?)


Pioveva. A Palermo, pioveva che se avessi avuto un motoscafo, in aeroporto ci sarei arrivato prima.


Ero pure in ritardo, ieri. Non e’ che la partenza mi entusiasmasse, però se l’azienda ti chiama in sede, un motivo ci dev’essere. Sinceramente, il motivo lo conoscevo (e la conoscenza era causa del mio scarso entusiasmo).


In aeroporto niente da segnalare, anche per il fatto che sono arrivato proprio all’ultimo minuto, e non ho avuto tempo di studiare, come di solito faccio, la interessante fauna aeroportuale.


Mi sono sorpreso quando, alla coincidenza di Roma, non c’era alcuna nuvola in cielo, un tramonto invernale nelle tinte del rosa pallido, infondente un giusto grado di struggimento.


Sull’aereo che ci trasportava da Roma (ah, lo struggente tramonto romano) a Bologna, un assistente di volo ci teneva a fare sapere a tutti i passeggeri che lui appartiene al terzo sesso.


Ondeggiava ancheggiando come se avesse avuto ai piedi vertiginose decolté dal tacco dieci.


Invece indossava i soliti mocassini di servizio, e quando è stato il momento di spingere il carrello con le bibite, si è immerso nel ruolo con una tale affettatezza che mi è venuto di rispondergli, quando mi ha chiesto cosa gradissi da bere, “succo d’arancia, grazie signorina”. Però non l’ho fatto. Magari a lui avrebbe anche fatto piacere, però non mi sembrava il momento adatto per dimostrare al resto della cabina che sono retrogrado e sessista.


In realtà non sono né retrogrado né sessista, almeno credo.


Almeno spero.


A Bologna, ho incontrato una pattuglia di colleghi che erano arrivati da altre destinazioni in orario coincidente. Ho notato che non c’erano decorazioni natalizie, in aeroporto.


L’ho anche detto ad un collega, “non lo sai che a Bologna sono tutti comunisti? Non lo festeggiano il Natale, i comunisti” ha ringhiato lui.


Mii. Vero? Se c’è un bolognese che mi legge, mi risponda, per piacere.


Siccome sulla monovolume che ci trasportava a Modena hanno tutti preso a parlare di fatti inutili di lavoro, ho indossato le cuffie del lettore mp3 e mi sono sparato a discreto volume  un po’ di Snow Patrol, e di Editors. E guardavo, nel buio dal finestrino, la campagna intorno all’autostrada. Niente nebbia, le tradizioni cambiano. Sono sicuro che se l’avessi chiesto al collega di prima “ti sei accorto che non c’è quasi più nebbia in valpadana?” lui mi avrebbe risposto “non lo sai che in valpadana sono tutti comunisti? Se la mangiano la nebbia, i comunisti”. Infatti non gliel’ho chiesto. Credo che gli avrei dato troppa importanza. E poi se batto il piede al tempo di chasing cars non posso fare domande stupide.


Nella tasca di destra un oggetto di forma rettangolare mi premeva un po’ sul fianco.


Era il libro che avevo finito di leggere durante i voli di prima.


E’ il libro di un autore (so che ad e.l.e.n.a. piace) che mi piace, e che ho già qualchevolta citato, e del quale amichevolmente obbligo alla lettura quei turisti (che sono in grado di leggere l’italiano) che frequentano il bed and breakfast gestito dalla med-moglie.


Il titolo del libro è 1982. Mi che fantasia, e che scarso tempismo, dirà subito qualche intellettuale, non lo poteva chiamare 1985 evitando così di anteporsi a quel famoso capolavoro che si chiama 1984? Non lo chiederò all’autore, intanto perché non lo conosco (potrei scrivergli una email, come lui fece scrivendo una lettera ad un altro scrittore terribilmente più famoso di lui e che-miracolo-gli rispose. Però era il 1982, di solito si rispondeva alle lettere).


Per quel miracoloso fenomeno che fa sì che il lettore si identifichi nelle vicende narrate dallo scrittore, e che gli fa dire, minchia sembrano proprio le cose che sono successe a me, anch’io mi sono identificato. E potrei con un ragionevole grado di sicurezza affermare che una delle stupidaggini che lui combinò nel 1982 l’avevo fatta pure io uguale uguale, nello stesso anno.


Arrivato in albergo, che si trova in un non luogo,distante due chilometri e parecchio freddo e puzza di maiale da Modena, mi sono chiesto cosa ci stessi a fare lì io, lavoratore di una razza in via di estinzione ( di questo ne parlerò un’altra volta).


Non mi sono risposto, mica sono un cliente di Marzullo, io.


 


(nel frattempo ho parlato di 1982 memorie di un giovane vecchio di Roberto Alajmo).


 

venerdì 14 dicembre 2007

50 minuti


 


Faceva un freddo becco, ma sono uscito in moto lo stesso, grazie al Sindaco. Lui ha deciso , nonostante piova e tiri vento, che bisognano le targhe alterne. Con giubilo e tripudio dei commercianti, proprio durante l’orgia regalatoria prenatalizia. Con grande raggia dei palermitani e delle palermitane, a cui togliere la macchina da sotto il culo suona ad offesa quasi come dirgli che sono cornuti, o le femmine pulle.
Insomma, non pioveva, mi sono detto “oggi me lo tolgo”.
In 50 minuti.
Il pensiero, voglio dire. Il pensiero dei regali. Ho preso alcune decisoni drastiche. Per esempio quella di fare aumentare la media di libri letti per abitante, che vede Palermo veleggiare orgogliosamente verso le ultime posizioni della classifica nazionale.
Forse anche di quella mondiale, non ho controllato.
Per cui, a tutti quelli capaci di intendere e di volere ho regalato un libro. Alcuni li ho scelti io, per qualcun altro mi sono fatto aiutare da F., l’amico libraio, e dalla sua ineffabile collaboratrice Stefania-Loredana. Che una volta non mi ricordavo il suo nome e lei si è offesa tantissimo, da allora ho iniziato a chiamarla col doppio appellativo: non so quale sia quello giusto, ma almeno non me lo scordo. E lei sembra non prendersela troppo. Avrà deciso che, avendo io ormai un’età semigeriatrica, non vale la pena prendersela se un rincoglionito (neanche catalogabile tra gli impossibili potenziali corteggiatori) non ne ricorda il nome.
A mia sorella G. a mio fratello G. a mia madre, a mio cognato S. e a mio cognato E., ed anche persino alla futura probabile cognata C. Potranno anche scambiarseli, dopo averli letti.
Se devo essere sincero, per mio figlio M. e per l’altro mio figlio R. (il motivo per cui ho nominato M. prima di R. è meramente alfabetico, nessuna predilezione, giuro) avevo già operato nel corso dei giorni precedenti, anzi c’è voluto quasi un mese per concretizzare il regalo di M. (M. ha cominciato ad usare il computer, si attacca sul messenger e minimizza la finestra se qualcuno entra nella sua stanza). Ho ricevuto in dono un pc portatile agonizzante, e grazie alla collaborazione di A. mio bravo collega, è ridiventato prestante e performante. Per R. che guida la sua spiderina da poco, e che non conosce le strade della giungla metropolitana, coi punti della Exxx. e un modesto conguaglio in denaro ho arpionato un navigatore satellitare, e questo troverà sotto l’albero (l’albero non lo volevo fare, ma con un abile raggiro mia moglie mi ha costretto a farlo).
Vicinissimo alla libreria dove ho fatto il pieno di volumi, c’è una gioielleria minimalista. Figurarsi che non ha neanche la cassa. O meglio, la cassa c’è ma non si vede. Sarebbe volgave che tra tanto bendiddio si ergesse tronfio il registratore di cassa. Ovvove.
La gioielleria minimalista è arredata in legno d’acero (pezzi rubati all’ikea, credo), con una vera cascata d’acqua in vetrina, e tanto bianco. Mi sono avvicinato al bancone attraversando un ponticello (che copre il ruscelletto che alimenta la cascata), e sono stato quasi subito agganciato da una commessa. Mi ha visto il casco sottobraccio, doveva decidere se ero un rapinatore o un cliente, ha optato per cliente.
“Eh, è venuto in moto, meglio perché oggi cominciano le targhe alternative”. Rapida, un’immagine di automobili con cannoni di pachistano al posto delle marmitte è passata nelle sinapsi tra quei pochi neuroni che ancora funzionano. Ho guardato la commessa, avrà avuto diciotto-diciannove anni, sicuramente assunta in nero per affrontare la marea melmosa dei clienti natalizi, non ho corretto la sua espressione. Mi piacerebbe che davanti al sindaco di centrodestra passeggiassero auto alternative. Mi correggo, con targa alternativa, tipo Rosalia 1, ForzaPalermo, Ciccio69.
Ma ancora queste targhe non si possono avere, chissà, in futuro. Forse la giovane schiava nubiana al servizio della gioielleria possiede capacità divinatorie. Legge il futuro. Sicuramente legge il futuro, che del presente non sarei sicuro.
“vorrei un ciondolo con un gatto”.
“di che misura lo vuole? Small, medium o maxi?”
Ho esitato qualche secondo. Non leggi nella mente dei clienti, ho pensato anche.
“me li fai vedere?”
Ha estratto dal loro sarcofago questi ciondoli, depositandoli con tenerezza, quasi fossero feti appena partoriti, su un tappetino di pile bianco che aveva preparato all’uopo.
Per convincersi che il gatto ciondolo small fosse davvero un gatto ci voleva molta fantasia, tanta suggestione e fiducia nelle capacità visive del prossimo, Un formato da morto di fame.
Il gatto ciondolo medium era poco più grande dello small, anche questo misura povero.
Ho spinto con l’indice quello maxi. Non l’ho fatto per soppesarlo, non c’ho messo neanche un po’ di disprezzo. Ho detto, conoscendo la risposta “più grande non c’è?”.
“no, questo è MAXI!!!” ha ribattuto lei.
Probabilmente, a giudicare dell’arricciatura del labbro superiore, avrebbe voluto dire “testadiminchia, se ce l’avevo te lo facevo vedere, se ne vuoi un più grande vai all’angolo, guarda vicino al cassonetto dell’immondizia e ne acchiappi uno, poi lo porti che te lo confeziono”. Però non l’ha detto.
“ve bene, lo prendo”, non avevo voglia di andare in un altro posto.
“vuole altro? Ci mettiamo anche un campanellino?”.
“un campanellino? Guardi che devo regalarlo ad una donna, non ad una gatta”.
“sa, spesso mettiamo anche dei campanellini assieme all’animaletto”.
Ho immaginato la faccia di mia moglie D. alla scoperta che le avevo regalato un campanellino da mettere al collo ed ho deciso che sono ancora giovane per morire sotto il suo sarcasmo natalizio, che in questo periodo diventa solforico, e ho scartato l’ipotesi campanellino.
“confezione regalo?”.
Ah, mi hai servito l’occasione per vendicarmi su un plaid di pile bianco, ho pensato io.
Probabilmente, a giudicare dall’arricciatura del mio labbro superiore avrei voluto dire “testadiminchia, se me lo dovevo mettere io ti avei detto frocesco e mieloso no cara lo indosso subito, ma siccome sei una ragazzina ignorante non capisci che se un maschio adulto bianco di razza mediterranea entra in una gioielleria a Natale probabilmente è per fare un regalo ad una femmina, che sia moglie o amante, sempre confezione regalo deve essere”. Però non l’ho detto, affabilmente ho sussurrato “naturalmente cara”.
E’ Natale, siamo tutti buoni, forse pure io.
Ora i pacchetti giacciono vibranti e speranzosi sotto l’albero in salone. Vedremo tra qualche giorno l’effetto che fanno (vengo anch’io? No tu no. Ma perché? Perché no).

crostata o frittata?

mercoledì 12 dicembre 2007

martedì 11 dicembre 2007

cessato allarme

avviso ai naviganti padani


 


 


 


 


 


 


 


 


 


(foto di medicineman)


Insomma, il reading del 19 dicembre a Modena NON si fa. Si farà in altra data.


Liberi tutti!

venerdì 7 dicembre 2007

what a wonderful world

laguna dello stagnone 1


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


airone allo stagnone 2


 


 


 


 


 


 


 


barche allo stagnone 1


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


airone allo stagnone 1


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


laguna dello Stagnone, oggi. (foto di medicineman)

lunedì 3 dicembre 2007

la caffettiera del lunedì




Gambe pelosissime. E un monte di venere che sembrava un monolite. Nel sogno (o nell'incubo) venivo invitato ad accoppiarmi con una creatura intermedia (l'anello mancante! l'anello mancante!) tra donna e scimmia. Enorme, una specie di queen kong. Poi mi sono svegliato, e tragicamente era già lunedì. Mi sarei rimesso a sognare ma dovevo andare ad accendere il gas sotto la caffettiera.
Poi, oggi pomeriggio, mentre facevo piccolo cabotaggio in moto (la temperatura di venti gradi invita al motociclismo ozioso), ed ero appena ripartito da un incrocio, piano, che non c'era nessun altro centauro a cui mostrare i muscoli, sono stato superato da un casco che scivolava velocissimo sull'asfalto. Neanche il tempo di sorprendermi che sono stato sorpassato anche da padrone del casco che rotolava sulla corsia preferenziale: un negro che rimbalzava come una palla di gomma. Mi sono fermato, e si è fermato quasi tutto il traffico, due punkabbestia hanno raccattato il motorino del negro e lo hanno appoggiato ad un palo della luce, la tipa nella c1 nera che aveva tentato di attraversare l'incrocio mentre leggeva un sms era rimasta impietrita. Il negro si è ripreso il casco, si è sicuramente vergognato del fatto che tutti lo guardavano, è risalito sul motorino, i tre cani dei punkabbestia hanno abbaiato, e se n'è andato.
Quindi per cena, avendo bisogno di certezze, ho fatto il purè di patate e l'insalata di finocchi e arance.

venerdì 30 novembre 2007

c'era un motivo


 


al post esca di ieri.


C'era un motivo, anzi c'era un sogno. Un sogno lisergico. Che prima, avevamo avuto una lunga discussione, i quattro del giovedì sera. Stasera scelgo io avevo detto. Ho percepito il brivido di terrore lungo le schiene di tutti. E la med-moglie: è un musical? non ci vengo.


Poi, però, due ore di vibrazioni positive, di emozioni. Si, di emozioni. Come pelle d'oca, orripilazione, liquido lacrimale dissipato non solo attraverso le narici ma anche lungo le valli del viso. Se dovessi dire se mi è piaciuto dovrei dire di no. Non mi è piaciuto. Di più . Sono, anzi siamo tutti caduti dentro il gorgo dello schermo, sprofondati nelle poltroncine, afferrati ai braccioli. Storie e musica, e la gioventù, e gli anni sessanta. Il grande sogno lisergico. E tutti i personaggi hanno nomi caduti scuotendo gli spartiti dei Beatles. E l'amicizia, e l'amore. Si, l'amore.  Persino un lieto fine. Sto parlando di "across the universe", un film che-secondo me-dovreste andare a vedere. Io tornerò a rivederlo. Pace, amore, lotta per gli ideali, e le canzoni dei Beatles. Poi, fuori dal cinema, ho litigato con uno che mi aveva chiuso la macchina nel parcheggio, ma ero talmente permeato di pace universale che l'ho mandato a fanculo con amore.

giovedì 29 novembre 2007

taxman


One, two, three, four...
Hrmm!
One, two, (one, two, three, four!)

Let me tell you how it will be;
There's one for you, nineteen for me.
'Cause I’m the taxman,
Yeah, I’m the taxman.

Should five per cent appear too small,
Be thankful I don't take it all.
'Cause I’m the taxman,
Yeah, I’m the taxman.

(if you drive a car, car;) - I’ll tax the street;
(if you try to sit, sit;) - I’ll tax your seat;
(if you get too cold, cold;) - I’ll tax the heat;
(if you take a walk, walk;) - I'll tax your feet.

Taxman!

'Cause I’m the taxman,
Yeah, I’m the taxman.

Don't ask me what I want it for, (ah-ah, mister Wilson)
If you don't want to pay some more. (ah-ah, mister heath)
'Cause I’m the taxman,
Yeah, I’m the taxman.

Now my advice for those who die, (taxman)
Declare the pennies on your eyes. (taxman)
'Cause I’m the taxman,
Yeah, I’m the taxman.

And you're working for no one but me.

Taxman!
(grazie, beatles)


e la domanda è: il tassista è fascista? qualunquista? opportunista?

domenica 25 novembre 2007

preavviso ai naviganti

avviso ai naviganti padani


 


 


 


 


 


 


 


 


(foto di medicineman)


quando: 19 dicembre, intorno alle 21.


dove: a Modena


si, ma dove? ancora non lo so, aspetto notizie da Notimetolose , alla quale ho scaricato le rogne dell'organizzazione (grazie Giò).


cosa: verranno letti (non da me, che ho un franco accento terrone, e la tendenza a mangiarmi il 50% delle parole) alcuni racconti da "chimiche interiori" copertina


e (se la tipografia lo sforna in tempo) anche da "fulminati".


e dopo?: notte, vino, chiacchiere e nebbia.


coloro i  quali , amando il rischio, decidano di partecipare, me lo dicano nei commenti, così so regolarmi (sulle bottiglie, intendo).

mercoledì 21 novembre 2007

e le balene, tra dieci anni, che faranno?



Tom Brokaw, uno che la sa lunga, ha detto che tra dieci anni il giornale di carta, quello che dopo averlo letto lo usiamo per incartarci le lische di pesce e la lettiera del gatto zozza, tra dieci anni il giornale di carta non ci sarà più. Avremo tutti in tasca un cazz-pod con il quale telefonare, leggere il giornale, ascoltare la musica, prenotare il posto al ristorante, scazzarci con l'amante digitale. Mi, che bellezza. Tom Brokaw non lo sa, ma tra dieci anni io ne avrò cinquantasette, probabilmente sarò considerato anziano ma non ancora meritevole di pensione (le pensioni, credo io, saranno abolite), e non saprò più leggere il manuale di istruzioni del cazz-pod, che avrò regolarmente comprato, o che mi sarà stato regalato, ma con il quale farò solo due cose, anzi tre: accenderlo e spegnerlo, bestemmiare quando la batteria finisce, e inviare parole a qualche altro orecchio. Tra dieci anni, me lo dice il bieco pessimista che alberga da qualche parte dentro me, non ci sarà più neanche il mio lavoro, non ci sarà almeno come lo faccio adesso. Molti tireranno un sospiro di sollievo, ma immotivatamente. Tra dieci anni non ci sarà più bisogno di andare dal dottore, basterà connettersi e il suo faccione occhialuto spunterà dallo schermo, ci chiederà di infilare un dito nello scanner accanto al monitor e le nostre analisi del sangue saranno eseguite istantaneamente, poi ci manderà la ricetta via internet, e sempre via internet la gireremo al farmacista che ci farà trovare a casa il necessario per curarsi. Ammesso che sia ancora legale ammalarsi. Spero che tra dieci anni invece qualcuno avrà trovato il modo di affondare quelle navi con cui gli ineffabili giapponesi, spacciandosi per scienziati, vanno a caccia di balene: quest'anno ne accopperanno mille per scopi scientifici. Minchia che scienziati idioti, non gliene bastano tre o quattro, mille ne devono ammazzare. Per conto mio, non potrei mai mangiare un animale più intelligente di me, come pare siano la maggior parte dei cetacei, senza sentirmi oppresso da sensi di colpa biblici. Quindi fanculo i giappo e amen.

domenica 18 novembre 2007

sul web, anche le mucche volano (e gli asini cantano)


(immagine da www.eddieflotte.com)


La facilità di accesso (apparente) alle informazioni, anche le più specialistiche, sul Web, ha fatto sì che chiunque abbia un computer (o un palmare , o anche un cellulare) possa disporne liberamente. Quindi, se desidero informazioni su come si diventa astronauta, basta imputare qualche semplice parola chiave sul Motore di Ricerca Universale Onnipotente (si legge Google) per impossessarsi democraticamente delle informazioni che ci servono. Bellissimo. La massima forma di democrazia. People got the Power ( cito la signora Patti Smith). Fin qui, è vero. Raggiungere informazioni è segno di libertà. D'altra parte sappiamo benissimo che il Potere si è sempre esercitato sulla base del possesso di informazioni, o della manipolazione delle stesse, o della loro invenzione fantasiosa (la chiesa?). Se io vivo in un paesello e non so come si fa la domanda per un concorso o la richiesta per esercitare legittimi diritti come una pensione, vado dal sindaco, o dal farmacista, o dal medico condotto, eventualmente dal prete ed in ultima analisi dal comandante dei carabinieri della locale stazione (gli sbirri per ultimi, magari in paese si passa per spioni). Loro, se lo sanno, forniranno l'informazione necessaria, gestendo potere e rendendovi dipendenti (per il voto, per un favore, per un lavoretto, una donazione o una soffiata). Questo era vero fino a che il Web non ci ha resi tutti (o quasi) indipendenti da questa catena di potere, con la possibilità di tuffarsi nel mare dolce delle notizie. Però. Però spesso succede che le informazioni raccolte non siano gestibili, debbano essere controllate, confrontate, molte volte anche eliminate. Non tutti, me compreso, siamo in grado di farlo. Molti, me compreso, avremo la tendenza a credere che gli asini cantano, e che le mucche volano. Questo genera spesso aspettative, speranze, illusioni, credenze. E la rabbia in chi si sente escluso dall'accesso ai miracoli promessi dal taumaturgo di turno, o dalla somministrazione della medicina miracolosa, che probabilmente non esiste, o che viene spacciata come tale dal venditore di fumo mediatico, che alimenta la sua ricchezza materiale attingendo alle possibilità economiche di chi ha bisogno  di stormi di vacche volanti. Si formeranno cori, si stenderanno chilometriche petizioni, si intaseranno centralini e caselle postali, spesso però purtroppo si sarà solo sprecato tempo all'aeroporto bovino.

giovedì 15 novembre 2007

una struggente nostalgia

trash tv













Provate a chiedere ad un minorenne cosa gli viene in mente ascoltando questa minima frase: una struggente nostalgia.
Probabilmente, la maggior parte vi risponderà che si tratta di una marca di jeans, o del nuovo pub con lap dance annessa.
Provo a chiedere-virtualmente-al giornalista (anzi ai giornalisti) che si sono tanto scandalizzati del fatto che alcuni minorenni hanno messo su youtube e su altri siti le immagini, girate col cellulare, della compagna di classe schiacciata dall'autobus, morta, cosa sull'asfalto di Modena.
Caro giornalista, che cazzo ti scandalizzi. I ragazzi basano i loro comportamenti sull'imitazione: e magari li avessero, degli adulti intorno da imitare. Invece sono abbandonati a loro stessi, vittime della televisione che gli lava i neuroni con reality e irreality, con buttane e machi, con plebe ululante e ingellata dalla testa ai piedi, firmati a suon di euri dalle mutande in su.
Caro giornalista, comincia pure tu ad evitare di enfatizzare l'omicidio, lo stupro, l'infanticidio, la loro minuziosa descrizione che fa dei protagonisti eroi mediatici, e delle vittime solo delle cose, cose di carne tritata insanguinata. Cose, senza voce, senza corteo di avvocati benvestiti e benpensanti che gracchiano la loro verità.
Vorrei che ancora qualcuno ricordasse cosa è una struggente nostalgia.

lunedì 12 novembre 2007

A-TEMPO




Il tempo della carne tritata.

C’era il tempo dei formaggini, che forse non c’è più. Ma non ho tempo per andare a controllare.
C’era il tempo del latte condensato in barattolo, ci voleva l’apriscatole, che ha finito anche lui il suo tempo.
C’è il tempo degli auricolari e dell’illusione di totale connessione, con il guscio degli altri.
C’è il tempo della violenza e della carne tritata analizzati al microscopio dei talk show.
Per qualcuno, c’è ancora tempo per la scrittura.
Ci sarà il tempo in cui saremo solo cumuli di byte nei torrenti di informazioni.
Ci sarà quel tempo, io spero che il mio sia già finito.

domenica 11 novembre 2007

proposta


 


La proposta è la seguente: riapriamo le arene coi gladiatori e i leoni, così tutti i bravi ragazzi che hanno sempre voglia di menare le mani, tirare manganellate, incendiare auto, si possano liberamente sfogare in appositi spazi. A disposizione, all'ngresso, mazze ferrate, clave, gatti a nove code, coltelli, machete, spadoni da samurai, fiocine e arpioni, gratuitamente. Ed un servizio  gratuito di rottamazione dei cadaveri. Chiudiamoli gli stadi di calcio, tanto ormai la gente perbene la partita la guarda in televisione.


mercoledì 7 novembre 2007

aeroportuale d'autunno


Si vede che mi sono rimbambito. Si vede anche che la sicurezza negli aeroporti è una pagliacciata.


Ierisera a Napoli avevo due carte d’imbarco, dato che per tornare a Palermo qualcuno aveva deciso che prima passassi (solo passassi) per Roma.


Le signorine in divisa addette al controllo passeggeri erano fibrillanti e sculettanti. Hanno aperto il mio beauty-case tentando di spruzzare in giro il profumo. L’ho minacciata, a quella specie di poliziotta con la camicia strizzata sul petto prorompente, che se solo ci provava, dato che quel profumo che uso non si trova più in giro, mi mettevo a gridare.


“Non faccia così, lo poso subito” ha risposto allarmata.


Poi, al gate, la rincoglionita dell’alitalia si è presa la carta d’imbarco della seconda tratta (quella roma-palermo) senza accorgersene. E sono partito tranquillamente. E’stata anche colpa mia, che non ho controllato bene quale mollarle. A Roma, accortomi del disguido, mi sono fatto fare un duplicato. Forse a Roma ci volevo restare, comunque sono riuscito ad arrivare a casa lo stesso.


 


Antefatto.


Il giorno prima, al Falcone Borsellino (si chiama così, anche se così non piace al nostro eccellentissimo presidente dell’assemblea regionale), arrivato in giusto anticipo come al solito mi sono messo in osservazione, dal mio oblò, della umanità che pinneggiava in aeroporto.


Una nonostante l’auricolare faceva sentire i cazzi suoi a tutti, sbraitando a gioia che non ho capito se era masculo o fimmina su quante mutande e quanti reggiseni aveva venduto nel mese di ottobre e di mandargli i file delle sue vendite di settembre così si controllava le provvigioni. Ho sperato che le si fondesse l’auricolare nel padiglione, ma non è successo. E gioia non si è rotto-rotta, la spacciatrice di mutandine ha smesso di sbraitare i cazzi suoi solo quando hanno chiuso le porte dell’aereo. Penso che avrebbe allegramente continuato.


Una, trentina circa, piagnucolava come una specie di bambina capricciosa cresciuta, piagnucolava e guardava il telefonino, scostandoselo dall’orecchio ogni tanto. “ti prego non lasciarmi non lo fare, mi metto in ginocchio se vuoi” ed altre truculente amenità del genere”. Che se avessi avuto il coraggio, mi sarei alzato e le avrei detto che era tempo perso, che se quello dall’altra parte del cellulare aveva deciso di mollarla, ormai aveva deciso. Avanti un’altra, che magari gli era pure accanto e se lo stava allisciando, alla faccia della piagnucolante. Senza lacrime però.


Uno scendendo dall’ultimo gradino della scaletta dell’aereo ha perso un libro (un libro che parla di Palermo come una cipolla), e quello che mi ha sorpreso è stato che il tizio avanti a me, dall’aspetto grezzo e stone-washed, si è subito calato per raccoglierlo e ficcarselo in tasca. Poi ha deciso di restituirglielo, quando il ragazzo orfano della copia è tornato indietro. E meno male che leggono solo il 25 per cento degli italiani. O forse comprano un libro solo quegli italiani, chè per gli altri un libro gratis si legge volentieri?


 


Coccodrillo Stagionale.


Si sta, come d’autunno, sugli alberi le foglie. E poi ha chiuso gli occhi, che non si erano mai girati per guardare da un’altra parte, e la bocca, che non aveva mai dimenticato di fare proprio quella domanda, quella scomoda, quella chiara.



Adieu, Enzo Biagi, sono certo che se c’è un padrone dell’aldilà, le affiderà di sicuro un  telegiornale.


lunedì 29 ottobre 2007

cosmodromo



 


Guardò per l’ultima volta le nuvole e l’azzurro. Poi la zona da cui, probabilmente, qualcuno nel pubblico l’avrebbe guardato.



“Spero non sia l’ultima volta” aveva detto lei uscendo dal ristorante, quindici giorni prima. Lui aveva distolto lo sguardo, guardando verso il cielo.



 



Il responsabile della missione lo spinse dentro il ventre del missile, dolcemente. Lui si inserì nella poltrona, e mentre regolava la tensione delle cinture di sicurezza, la mano si posò su un rigonfiamento della tuta spaziale. Dentro, in una tasca, un temperamatite di plastica colorata riproduceva Snoopy in posa da barone rosso sul tetto della cuccia. Rivide lo sguardo della bambina, la figlia, che glielo porgeva.



Il suo cuore bionico non cambiò di ritmo, non modificò la frequenza, soltanto venne pompato un maggior quantitativo di sangue al cervello.



Sei anni. Un viaggio di sei anni. Per questo il suo cuore era stato sostituito con un organo biomeccanico, che non si sarebbe rovinato durante un viaggio così lungo, verso uno dei pianeti lontani della galassia.



“Ti lascio il mio cuore” le aveva detto sorridendo, mentre tendeva verso di lei un contenitore ermetico in cui era stato conservato il muscolo espiantato.



Il cosmodromo si riempì di rumore, nuvole di gas e vapore si alzarono dalla base del razzo vettore e poi, con rombo di terremoto, il missile si lanciò verso il cielo, verso il blu, verso il buio dello spazio profondo.



Lei, a casa, non appena vide sullo schermo televisivo l’astronave puntare verso il cielo, prese il contenitore con il cuore di lui e lo gettò dalla finestra.



 



Pochi secondi dopo, un fiore di fuoco sbocciò nel cielo.



La gente nel cosmodromo ammutolì, inorridita.



Il cuore gettato dalla finestra iniziò a sanguinare.



Il temperamatite del barone rosso si fuse, indissolubilmente, insieme all’astronauta.



 



 

mercoledì 24 ottobre 2007

tassonomia



c'è chi lo fa autobiografico,
chi in forma di diario,
ci ci racconta i sogni,
chi le proprie seghe mentali,
altri lo definiscono letterario
o poetico.
Ce ne sono di servizio,
divertenti,
curiosi,
aziendali, ufficiali.
Alcuni dichiarano sottotraccia che
col blog vogliono cuccare.
Chiedo ufficialmente ai miei visitatori come categorizzerebbero il loro blog.
Fantasia autorizzata
Il mio?
E' un fritto misto!

sabato 20 ottobre 2007

la bella gente e gli altri





Ho conosciuto una signora spagnola; è venuta al b&b della med-moglie chiedendo per tre giorni di seguito di potere alloggiare lì. Siccome non c'era posto, passava ogni giorno nella speranza che qualcuno avesse rinunciato alla sua prenotazione e lei potesse finalmente subentrare.
Mi ha detto che è di Barcellona. E complice la sua faccia simpatica da coniglio gigante, coi dentoni e i baffi e i capelli strani tirati un pò su, ci siamo messi a parlare.
Io ho detto che Barcellona mi piace, che ci tornerei, che è una bella città. Lei ha ribattuto che verrà prima o poi a vivere a Palermo, dove ci sono mille monumenti e mille angoli interessanti. E, scoprendo i dentoni coniglieschi ha aggiunto " a barselona ci sono solo quatro palazi". Vero, ha ragione. Devo pulire i miei occhiali, sporchi d'abitudine e di transiti quotidiani e guardarmela meglio, la città. Quella in cui vivo.

Martedì sono andato al Policlinico, mentre aspettavo che l'omino della sbarra mi desse il biglietto d'ingresso al parcheggio, vergato a mano da due anni "apparecchiatura temporaneamente guasta" c'è scritto sulla colonnina che dovrebbe erogare i tagliandi magnetici, mentre aspettavo ho guardato a destra, e mi sono preoccupato.
A destra solitamente staziona il giaciglio cartonato di un essere umano, precario come un burattino, con un cappello a forma di cono rovesciato sempre in testa, in estate ed in inverno. Non ho visto sue tracce, ho pensato che fosse morto e che avessero ripulito tutto. Mi sono lamentato con me stesso, più volte ho pensato di fermarmi e parlarci, giusto per trovare un personaggio nuovo per un racconto: lo so, è un atteggiamento snob, intellettualoide, però ho il coraggio di ammetterlo.
Martedì notte, e non credo a causa della caponata, ho sognato l'intervista al signore che dorme sotto la tettoia del parcheggio al policlinico. Nel sogno mi diceva solo mi chiamo Giuseppe però, sempre nel sogno, io mi allontanavo da lui perchè temevo che la sua bocca puzzasse. Invece nel sogno non puzzava per niente, però gli facevo domande e lui rispondeva, senza che dalle sue fauci uscisse alcun olezzo, mi chiamo Giuseppe. Ancora non me lo sono spiegato, questo sogno.

Il campionato mondiale di ammazza la famiglia ha visto un bel match a Reggio Emilia: Albania-Italia 3-0.
E poi impazza la moviola sui principali eventi degli ultimi anni; i teledipendenti tutti lì, a sorbirsi le ricostruzioni al centesimo di secondo della strega di cogne, dei mostri di erba, del padre orco di gravina di puglia. E se non basta la realtà, un assortimento faraonico di serie tv autoctone e d'importazione serve il delitto efferato in prima serata, e l'illusione che gli autori dei misfatti vengano sempre scoperti dalla scienza, dalla polizia armata di microscopio, polverine e minigonne di pelle.

Giovedì sera sono tornato al cinema dopo mesi. "Trovami un film allegro" ha detto la med-moglie. E così siamo andati a vederci Hairspray. Ho già riferito a qualcuno che la pellicola è un musical buonista, sixty e kennediana, che la vera attrazione non è John Travolta camuffato da Bibendum.
Il bello è che è pieno di rithm'n blues, che non si può stare fermi col piede (stai fermo col piede diceva la med-moglie) e che si sorride. Si sorride. E mi sembra tanto, coi tempi che corrono.

Ho tentato di conoscere persone, persone che non vogliono farsi conoscere. Ci rinunzio.

mercoledì 10 ottobre 2007

er premio nobbel




Ah gli svedesi! Sanno offrire una ospitalità fantastica!


Dalla finestra dell’hotel  mi godo una vista sul Mare del Nord migliore di quella delle cartoline illustrate che riempiono libri e depliant turistici.


Premio Nobel per l’economia.


A me, un tipografo.


Se mia madre e mio padre fossero vivi, non ci crederebbero.


Anche loro avrebbero dovuto affittare lo smoking per la cerimonia, come ho fatto io, che lo smoking non l’avevo mai messo.


Premio Nobel per l’economia.


Quando parlai della mia idea a quel tizio del gabinetto del ministero delle finanze, un bulletto che si faceva fare i biglietti da visita con le insegne del governo per fare colpo sulle ragazze, gli si accese una lampadina negli occhi.


Me ne sono accorto in tempo, e non mi sono fatto fregare.


La tipografia era in via del Leoncino, non lontano da Montecitorio.


Gli ho detto “ a Pallotta, nun è che me voi fregà l’idea. Lo sai che ti se magnano i topi se me freghi.”


Quello era bullo ma non era intelligente. Mi accompagnò dal segretario del ministro.


Quel palazzo era bello quasi quanto questo.


Gli spiegai l’idea: il segretario del ministro mi guardò con la mascella che cadeva mentre parlavo.


“ Mussoletti, lei è un genio. Parliamo subito col ministro”.


E ci parlammo col ministro. Mi fece chiudere la tipografia.


Lo stesso giorno dovetti andare a casa a mettermi la cravatta, l’unica che avevo, che era ancora sporca dell’amatriciana che ci eravamo scofanati al matrimonio de Romoletto.


Premio Nobel per l’economia.


Me lo daranno in una sala piena di professori, me lo darà il Re di Svezia.


Io, Ercole Mussoletti, coniugato con Fanfarilli Mariuccia, senza prole, incontrerò un Re. 


Me sento importante.


In questo preciso istante, un bambino, mille bambini stanno nascendo.


Tra cinque minuti un frammento del cordone ombelicale di questi bambini sarà inviato al laboratorio per la decodifica del DNA.


Tra dieci minuti questi bambini piangeranno di nuovo.


Seguendo il mio metodo, un codice a barre contenente i dati del loro DNA e un codice fiscale verranno impressi a caldo, in maniera indelebile, sul loro braccio destro.


Che mi frega che piangono.


Piangano pure, tanto non li sento.


Premio Nobel per l’economia.


“a Mariuccia sbrigate che ariva er taxxi”.


 


 


 


 

martedì 9 ottobre 2007

lasciate ogni speranza o voi che entrate








Questo blog e' banale. Lo dice presidenta. Me ne ero gia' accorto: se n'e' accorta pure lei.
E siccome non glielo ha sicuramente prescritto il dottore di annoiarsi con la consultazione di un blog banale, presidenta tragga le opportune conclusioni.
Senza rancore, con banale leggiadria, faccia visita a quelli concreti e trendy.

lunedì 8 ottobre 2007

ultimo samurai


non la pista, non morte gloriosa


da samurai.


un camion, di traverso


sulla strada di norifumi.

mercoledì 3 ottobre 2007

margini nuovo

margini nuovo


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


dire che la presentazione di ieri è stato l'evento più affollato di tutta la manifestazione, è ancora dire poco.


dire che a pagina 87 ci trovate Bloggender di Herzog , che a pagina 89 ci trovate Cami di Ipsediggy e a pagina 92 Adottate un NERD di Casalinga precaria può cominciare a rendere l'idea.


Ho financo un fratello scrittore, quasi omonimo, a pagina 110: un appunto, fratello, la prossima volta usa degli pseudonimi migliori, che quelli che hai adottato in quelle righe non mi sono piaciuti.


Dalla fine della settimana, nelle migliori librerie.


Accattativillo.



 


post scriptum


avviso per gli abitanti di Palermo e dintorni:


domenica 7 ottobre, alle ore 19 circa, presso gli spazi del circolo 500 g   (in via Bara all'Olivella 67) il domatore di questo blog presenterà (di nuovo?) il proprio libro "chimiche interiori". Accorrete accorrete, sarà un happening diverso



(dal solito)

lunedì 24 settembre 2007

confusione



La gallina frettolosa fa i gattini ciechi, e ovviamente meglio l'uovo oggi che la gattina domani.

mercoledì 19 settembre 2007

Giovanni Crisostomo, lo spam e altre cose buttate via





A giudicare dal numero di email che ogni giorno intasano le mie cassette postali elettroniche il problema del secolo è la lunghezza del pene. Anche del mio pene. Probabilmente qualche ex fidanzata insoddisfatta ha spifferato tutto agli spammer, che- dio li benedica -stanno facendo a gara per risolvere il mio problema. Pochi dollari, non posso essere spilorcio, e potrò vantare misure missilistiche.



Anche oggi il Papa ha perso l’occasione di farsi i fatti suoi: citando il fantastico San Giovanni Crisostomo ( che aveva la bocca d’oro, merito di un ottimo dentista e di redditi non dichiarati) ha ricordato che anche gli antichi cristiani si ribellavano ai governi quando le tasse erano esagerate, demolendone le statue. Bravo il Papa e bravo il Crisostomo.  Il cui santino sarà un gadget di sicuro successo alle feste della Lega.




Non mi piace il poco spazio dedicato dai media ai brogli nelle università per i test di ammissione a Medicina. Che antiquato, penserà qualcuno, ancora si scandalizza per questi trucchetti da quattro soldi, Che strano, tutti si lamentano della Sanità, che è fatta dai medici e dagli amministratori (scelti dai partiti per tessera e non per bravura), dagli stessi medici che sono entrati alla facoltà di medicina truffando ai quiz, che hanno superato gli esami per nepotismo e raccomandazioni, che in molti casi (non sempre, per fortuna) arrivano alla laurea prima ed alla specializzazione totalmente ignoranti, completamente arroganti e con l’unico obiettivo di fare soldi, un sacco di soldi. Sulla pelle dei malati, spesso persone che come unica ricchezza hanno la vita, e che diventeranno ancora più poveri per salvarsela, quella minima vita.




Quest’estate anche i parcheggiatori abusivi hanno indossato bianchi auricolari collegati con un filo bianco ad un lettore di files digitali anch’esso bianco. Chiedevano i soldi urlando, impossibile parlare con loro. La tecnologia isola, e ci obbliga a comunicare solo con mezzi che prevedono una spesa, una ricarica, un abbonamento.




Ho detestato il finto pauperismo che ha calzato i piedi del mondo con quelle orrende ciabattazze di gomma informi che facevano assomigliare gli arti inferiori di chi le indossava a Paperino; le ho viste anche ai piedi di motociclisti, turisti, funzionari pubblici e bambini. Chissà la puzza nelle case degli utilizzatori. Ricordate il letale aroma delle espadrillas a fine estate? Menomale che sono passate di moda, passeranno pure le ciabatte di Donald Duck.




I sindacati, che strana istituzione. Invece di essere contenti del fatto che la pubblica amministrazione si vuole svecchiare, diventare competitiva, competente, elastica, laureata e specializzata e, soprattutto, assumere i nostri figli e fratelli laureati e specializzati, schifiati dalle aziende private perché ambiscono ad un contratto che possa portare ad un progetto di vita, i sindacati  invece di essere contenti, dicono no. Che brutte le belle idee quando le hanno gli altri. E se si svecchia e si eliminano assenteisti cronici, finti malati del weekend lungo e pigri geneticamente, chi pagherà le tessere al sindacato?




Non mi piace Grillo fuori dai telegiornali, e non mi piace dentro ai telegiornali, e non mi piacciono i telegiornali. E comunque appartengo alla tribù di quelli che non hanno capito, come Grillo, che dal blog si possono tirare un sacco di soldi. Tirarli dalle tasche della gente ed infilarli nelle proprie, e via col populismo, le urla, l’arringa della folla. Mi ricorda altri personaggi che però hanno fatto una brutta fine. Lo so che mi attiro un numero imprecisato (ma sicuramente cospicuo) di antipatie, non sopporto neanche i politici con l’occhio fisso alla telecamera, quelli che hanno sempre qualcosa da dire anche se hanno preso solo quattordici voti guidando il partito del pifferaio di Hamelin.



Per via di un incremento dell’energia i due elettroni-figli che abitavano in unico orbitale si sono separati; la nuova entropia prevede che io vaghi nello spazio come un neutrone triste, e loro occupino i loro orbitali privati. Per questo motivo ho perso il mio studio, e sto scrivendo sul tavolo della cucina cablata wi-fi come tutta la casa. Per questo motivo ho svuotato gli archivi ed ho eliminato almeno cento chili di carta inutile, ed un numero imprecisato di ricordi e cimeli del passato. Nell’era digitale non c’è posto per i ricordi di carta, di legno o di peluche, ho scannerizzato qualcosa, il resto l’ho buttato via, come le considerazioni di prima.

lunedì 17 settembre 2007

sempre da imparare



Il
bagno marino di ieri è stato, finora, il migliore della stagione. Durante l'estate (la prego, Signora Estate, non finisca) non ho fatto niente di ciò che avevo programmato: non ho letto i sei libri che avevo accantonato per l'occasione (ne ho quasi finito solo uno), non ho fatto nessuna delle gite in moto che avevo immaginato.
Il mio telefono, complice anche la pessima copertura dei principali gestori nazionali, ha squillato poco, pochissimo. Venerdì pomeriggio a Fiumicino ho avuto la certezza che la mia vista notturna è pessima. Meglio (molto meglio) le visioni pomeridiane. C'è sempre da imparare.

sabato 15 settembre 2007

Bella Italia

Immag011


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


Forse questo era diretto a me?
Comunque ,ieri in aeroporto, ho incontrato un numero impressionante di persone che conosco.
E anche qualcuna che conosco poco e che purtroppo non ho avuto tempo di conoscere meglio.
Ci saranno altre occasioni?

lunedì 10 settembre 2007

variazioni continue




Oggi il mare era di un tepore insospettabile, pochi gruppi familiari sulla spiaggia, mentre i colori e la campagna hanno già assunto un aspetto autunnale. Preferisco sempre l'estate, anche quando si sente che sta smantellando tutti i suoi orpelli.
Nel frattempo, da lunedi a venerdì sarò qui.
Non mi sento ancora pronto ad una riunione full immersion, ed ho avuto momenti di panico mentre preparavo la valigia; la lettura del dress code, che prevede cravatta solo per un giorno, e poi business casual per gli altri non mi ha rassicurato.
Passerà anche questa.

mercoledì 5 settembre 2007

i vermi sul soffitto, ramon, la differenza e la fine dell'estate

uno due tre















uno, due,tre (acrilico su tela sprecato da medicineman)

I vermi sul soffitto


Riaprendo casa dopo quattro settimane di ferie ci siamo accorti che il soffitto della cucina era pieno di vermetti bianchi. "contali" ha suggerito qualcuno, così ho preso la scala, un bicchierino di plastica ed un pezzetto di carta e li ho trasferiti. Diciotto, erano diciotto, dal tetto alla spazzatura.
"ma da dove vengono" ha chiesto ansiosa la med-moglie: scartando l'ipotesi televisiva che la vecchiarda al piano di sopra fosse cadavere sul pavimento, e che i bacarozzi avessero perforato il solaio, anche perchè la megera era già schiattata due anni prima, abbiamo esplorato gli armadi.
Banalmente, una confezione di savoiardi andati a male. Diciotto scappati e un centinaio dentro. E tutti nella spazzatura.

Telegiornali

I telegiornali sono pieni di belle notizie, compresa quella dei giocattoli velenosi; ci potevano mettere una vernice alla camomilla, oppure della cipria alla cocaina, quelli della matxxx, così almeno i bambini stavano buoni giocando.

Troppe telefonate o visite di condoglianze per genitori che se ne vanno: si vede che sto diventando vecchio, ed in effetti essere intorno ai cinquanta ha i suoi effetti collaterali.


Ramon e la differenza


Ramon è un ramarro triste e compunto, che ha deciso di vivere sull’albero di pere che cresce davanti la mia casa di campagna.



Le strade sul mare o “stratuna”, sono quegli arabeschi che si disegnano sulla superfice quando c’è bel tempo, e spesso sembrano autostrade disegnate col curvilineo.



La differenza tra ramarro e lucertola, tra un’estate felice ed una meno, tra essere giovani ed invece stare attraversando il campo minato dell’età matura, la differenza cerco di raccontarla.



Si sta alzando la brezza sulla riva, tenere i piedi dentro l’acqua aiuta a scrivere, e scioglie il bozzolo salino in cui sono avviluppati i ricordi.


 


Quanto è profondo il mare?


 


Era un pomeriggio dorato, la roccia basaltica di Capo Raisigerbi si tingeva di rosa infinito, al centro del golfetto, su una lancia a remi, si trovavano un ragazzo fresco di maturità classica, una donna ed una ragazza, nipote di lei.



La donna remava piano, disegnando le traiettorie dei remi come un architetto, e guardava negli occhi il ragazzo e la ragazza, seduti sulla panca di fronte; la donna domandava delle loro speranze sul futuro.



Poi la donna smise di remare, esaurito l’abbrivio la barca restò praticamente ferma, sembrava sospesa sulla superfice trasparente, castagnole ed occhiate nuotavano eterne.



“a quanti metri sarà il fondo?” disse la donna. “sette, otto” stimai io. “dieci” disse sicura la ragazza, osservando le increspature della sabbia bianca laggiù.



Ci tuffammo, l’acqua marina tiepida si richiuse mentre il corpo scivolava sotto, compensai, dissi ce la faccio e con la punta delle dita sfiorai la sabbia, con un fremito cercai di prenderne un pugno, la fame d’aria mi respinse sopra.



Riemerse anche lei, mostrò alla donna e poi a me una pietra grigia venata di bianco, rise, risalì con mossa da serpente marino sulla barca.



La differenza allora era nella conquista di un risultato tangibile: lei aveva rubato la pietra al fondale, e dopo qualche giorno la vidi abbracciata ad un altro, più bravo di me a scendere a nel suo cuore marino.



La differenza oggi è che la lancia a remi è abbandonata sulla spiaggia, vicino al muro della ferrovia, e dei personaggi minimi di quel pomeriggio sono rimasto solo io, a poterlo ricordare e raccontare, la donna e la ragazza di allora non ci sono più.


 


Kidnapping


 


Stavo consultando l’orario dei treni, e cercavo anche di trascriverlo sul foglietto striminzito trovato nel cruscotto della macchina.



“vado in treno” mi aveva detto, “tanto il b&b è vicino alla stazione, così non ho il pensiero della tua macchina”.



“aiutatemi, vi prego, aiutatemi, mi hanno rapito, non so dove mi trovo, non so dove sono mamma e papà”. Poi ha posato la cornetta del telefono pubblico, uno di quelli arancione che accetta qualsiasi tipo di pagamento, ha tirato fuori un paio di biglietti dalla tasca ed ha composto un altro numero.



Un bolo di adrenalina mi è sceso lungo la schiena sudata: mi trovavo nella condizione di dovere aiutare un bambino rapito, forse da un pedofilo, però volevo capire bene cosa fare.



Ho continuato a trascrivere l’orario dei treni per Palermo, alzando il livello di attenzione al livello allarme rosso.



Il ragazzino ha piagnucolato al telefono la stessa storia di prima, ed ha riattaccato prima che ci fosse il tempo per l’interlocutore di rispondergli.



Guardandomi intorno non ho scorto tipi sospetti, poi una ragazzina si è avvicinata, lui le ha detto dammi un altro numero, lei ha risposto è l’ultimo non ne ho copiati più. Dimmelo ha insistito lui, otto zero zero ha cominciato a recitare lei.



Dopo avere recitato la stessa frase angosciata ha posato la cornetta ed ha detto alla sorella dove sono mamma e papà, in macchina che ci aspettano, andiamo ha risposto la bambina, devi copiarmi altri numeri verdi ha detto lui, si ora guardo sulla rivista che ha comprato mamma ha risposto la bambina trascinandolo fuori dalla stazione.



Ho guardato gli orari che avevo copiato, erano storti ed illeggibili, ho girato il foglietto e mi sono applicato ad una scrittura più concentrata.



una settimana da pazzi



quella passata a casa per accontentare i figli che vogliono dormire separati: da due stanze attigue, una grande ed una piccola, un'orda di operai ne ha creato due simili, di comparabile comfort, cosicchè la prole risulti accontentata. Ma la settimana con gli unni a casa ha lasciato tracce sul nostro sistema nervoso, e non solo su quello. Per fortuna ho ripreso a lavorare.


la fine dell'estate


l'estate rantola, i colori sono quelli che mi riportano all'età pediatrica, la temperatura non brucia più, il mare è verde sporco. Preferisco l'estate, mi fa sentire ancora vivo.


 


lunedì 27 agosto 2007

summer visions

barche a cefalù


 


 


 


 


 


 


 


 


 


barche a cefalù


nuvola drago


 


 


 


 


 


 


 


 


 


nuvola drago


notte prima dei fuochi


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


la notte prima dei fuochi


mouse on mars


 


 


 


 


 


 


 


 


 



mouse on mars live


geranio bianco


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


geranio bianco


gattino da tavola


 


 


 


 


 


 


 


 


 


gatto su tavola


il giorno dell


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 




il giorno dell'acqua (acrilico su tela)


 


bouganvillea1


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 



bouganvillea


foto di medicineman


 


 

lunedì 30 luglio 2007

agosto ed altre faccende

grilloverde3


 


 


 


 


 


 


 


 


 


E' questione di ore, domani pomeriggio prenderò la borsa da lavoro e la collocherò dentro l'armadio dello studio. Caricheremo le macchine di quello che ancora non abbiamo trasportato nella residenza estiva della med-family, spegneremo gli apparecchi elettrici, chiuderemo i rubinetti di gas e acqua, poi serrature allarme e via. Almeno si spera; che non ci siano contrattempi dell'ultimo minuto.


E se qualcuno volesse passare da Palermo, e non sapesse dove andare a pernottare, può sempre approfittare della med-ospitalità, nel bed&breakfast&arts capitanato dalla med-moglie.


Altra faccenda: chi ha letto il mio libro, ed avrà modo di oziare pontificando di letteratura sotto qualche ombrellone o dentro qualche sacco a pelo, si ricordi di consigliarlo ad amici e parenti, ed anche ai nemici, se non è piaciuto, così quelli imparano.


Per finire: invito tutti quelli che passano da qui a partecipare ad una specie di sondaggione, che consiste nel dichiarare perchè hanno scelto proprio quel nick, e cosa significa o cosa significava. Che se volete sapere perchè ho scelto medicineman, ve lo dico nei commenti, così non facciamo differenze.


foto di medicineman


 

martedì 24 luglio 2007

scirocco in cannila


Lo scirocco spettina il mare sconzando le onde all’incontrario, e la spuma si scippa dalle creste.

I palazzi abusivi caldi sembrano biscotti savoiardi affondati nell’asfalto liquefatto.

Una di quelle giornate da starsene chiusi a casa, lontani dai vetri arroventati delle finestre, a cercare refrigerio sotto il getto gelido della doccia, e non surriscaldare il cervello con pensieri e gesti inopportuni.

Fuori, fetu di uovo marcio, e naschi e bocca subito secche, e il sapore della sabbia mandata da Gheddafi; fuori il ventazzo arrimina i capelli dei passanti, spettina magari le idee, e impiccica le gonne alle cosce bollite delle donne che camminano a fatica, tenendosi una mano sulla pettorina, che c’è pericolo che il vento gliela strappi, la cammisa, e si possano esporre centimetri quadrati di minne a sguardi curvilinei di maschi estranei, affacciati davanti le putie e i bar, pronti a toccarsi il pacco e sussurrare frasi oscene a mezza voce, con espressione porcina stampata sulla faccia deformata dall’odore agro del sesso immaginato.

I surci nascosti a fare la sauna nelle fogne, che se escono è peggio, stonati dal caldo come sono si fanno investire dalle berline sulla via, ne uscì uno ora da un gettatoio vicino al marciapiedi, pare ubriaco, passa tra alcuni picciriddi che si gridano ammazzalu ammazzalu, una scarpa si tira a missile sulla groppa del surci, che per scappare si butta tra le macchine, una frena, una no e lo scafazza , le budella si sparpagliano sulla strada, e tempo niente sono cotte come la stigghiola dell’ambulante, fuma la carogna.


Abballano i sacchetti vacanti della munnizza in aria, parono uccelli neri di malaugurio, pare il festival delle buste di plastica, ma quante ce ne sono abbandonate che ora il vento anima e danzano in aria, e cartacce e fogli della gazzetta, in un osceno mulinello.

E’ già il terzo giorno di forno crematorio naturale e gratuito, come si travagghia cu stu cavudu mi dice l’operatore ecologico interinale, avvolto nella divisa di plastica rossa fosforescente, che pare un panino imbottito nel cellofan, e s’appoggia alla carretta coi bidoni e le scope, cercando solidarietà , ma quando cazzo hai mai lavorato gli dico, e quello ride, che ci travagghio a fare oggi, la munnizza pare viva, non si fa pigliare da me, dice lui.

Perché, gli altri giorni che pareva morta a munzieddi, ti faceva pena a scognarla dal marciapiedi e metterla nel sacco nero ci rispondo, tanto lo so che netturbino fa rima con lagnuso, e lagnuso con garruso e mangiapane a tradimento e che ti parlo a fare, che poi sudo pure io.

Entro nel bar, ma perché sono sceso in strada invece di restarmene sotto la doccia, e chiedo a quel cornuto del barrista: un tè freddo. Quello piglia una buatta preconfezionata e sta per stapparla: ma che minchia mi vuoi fare bere ci dico io, solo questo abbiamo, dice, non c’è tempo per fare quello che facevo quando c’era mio padre vivo, lo talio nella facci e gli dico, questa merda globalizzata te la bevi tu. Il barrista toglie la lattina dal bancone e mi risponde, se non ci piace la marca ora ce la cambio.

 

*Scirocco in cannila è una espressione delle basse Madonie che significa che il calore dello scirocco è talmente forte che piega le candele di cera nelle bugie.