domenica 6 novembre 2016

Sicilia 1.0



il libro si trova nelle librerie. Ma che frase banale! Il libro si trova in vendita nelle librerie, ma può anche-e più velocemente-essere richiesto all'editore con una email a info@500g-edizioni.org .
Disponibile anche nella versione ebook come pdf scaricabile.
Si spedisce-così mi dicono-in tutto il mondo.
Sono oltre 100 pagine, stampate con cura con metodo tipografico (non è una stampa digitale insomma), testi e fotografie sono opera mia, costa 18 euro il volume fisico e 9,90 la versione digitale.

martedì 1 novembre 2016

enduro

Mi sveglio con il tipico malcontento dei giorni di festa: quei giorni in cui pensi di voler fare chissà cosa, ci studi, prepari e organizzi ma poi realizzi ben poco.
Che poi che festa è quella dei defunti: solo qui al sud, dove sopravvivono usanze tribali e qualsiasi scusa è buona per non lavorare e mangiare e bere e fare casino con i familiari, per chi ce li ha.
Non ho dubbi, devo fuggire. Un paio d’ore di solitudine. Fare ciò che ho in mente, prendere la moto da fuoristrada e lanciarmi nel giro della Gran Fondo di San Vladimiro, seguendo il percorso della gara di mountain bike che si è disputata qualche giorno fa.
Ci penso da allora, da quando ero tra gli alberi a guardare quelli che si lanciavano dentro le discese con quelle biciclette, ed io a immaginarmi in piedi sulle pedane della moto, col peso del corpo buttato indietro, a scapicollarmi per lo sterrato.
Scendo in garage, mi accoglie il bouquet dei fumi di benzina; tolgo il telo alla moto, lo piego e poi la spingo fuori.
La luce del mattino scolpisce le linee taglienti di parafanghi e serbatoio, ho un brivido di piacere nel guardarla, è stato un buon acquisto, riesco a padroneggiarla con sicurezza, finora non mi sono fatto male.
Una moto costruita in Italia, da un bravo meccanico che ha messo assieme anche ottimi componenti: certo, non potrei gareggiare, questi ragazzini foruncolosi senza nessuna paura vanno in giro come i diavoli con le loro giapponesi, ma chi se ne frega, è la moto giusta per me.
Arrivo all’inizio del bosco: ci sono ancora tutte le fettucce, i banner, gli organizzatori si sono “dimenticati” di ripulire, tra qualche giorno, alcuni volenterosi- incluso me- toglieranno tutto, e restituiranno l’ordine e la pace al bosco.
Il percorso è ben segnato e non vedo l'ora d'imbucarmi dallo sterrato che segue alla partenza.
Trovo la linea, mi tiro in piedi sulle pedane e comincio a correre lungo i boschi, non mi sembra neanche vero, tutto per me e pensare che sino a notte fonda avevo cercato un compagno d'uscita. Ma tutti con la scusa pronta, pure quello cui ho fatto una lunga serie di faticosi favori. Fottiti, la prossima volta te la sbrighi da solo.
Non pensarci, dico a me stesso, e intanto apro il gas e il susseguirsi di tracce diventa il mio gioco di oggi, il mio obiettivo, spalanco il gas e freno come se fossi impegnato in una prova speciale da vincere.
Il rombo dello scarico-a cui non ho mai asportato il silenziatore- entra ovattato nel casco, guardo avanti, freno, curvo, apro il gas, controllo l’impennata e subito dopo una curva rallento e mi fermo: la moto gira al minimo, la nuova centralina fa un lavoro perfetto, considero soddisfatto.
Questa parte in penombra del bosco mi mette inquietudine, non saprei spiegare il motivo ma adesso avrei gradito avere un compagno di escursione. “ma che ti passa per la zucca” mi dico ad alta voce, ingrano la prima e riparto, lasciando alle mie spalle un ventaglio di sassolini.
Intanto ho abbandonato il fettucciato, e scopro nuovi percorsi, sentieri ben battuti che in tanti anni di scouting  da queste parti non avevo neanche immaginato che potessero esistere.
Mentre guido, penso come mai nessuno abbia mai pensato di far conciliare due eventi, moto e bici e quanto ci sarebbe stata bene una bella prova speciale  notturna su questi percorsi già tracciati e con un panorama da toglierti il fiato, ma il flusso dei pensieri viene interrotto subito dopo una curva. All’improvviso vedo un animale, è fermo al centro del sentiero, in pochi millesimi di secondo il suo sguardo incontra il mio, lui decide di  fuggire, intimorito dal rombo della mia enduro.
Sparisce, come se non fosse mai esistito, allora decido di fermarmi e spegnere la moto. La appoggio ad un albero e torno verso il luogo dell’incontro, cercando nella polvere una traccia, che non sia quella lasciata  dai tasselli delle mie ruote. Percorrendo a piedi lo sterrato d'un tratto sento un rumore, uno schiocco di rami spezzati, alzo lo sguardo verso il bosco e lo vedo. Un meraviglioso daino, avrà almeno due anni, che quasi imbalsamato mi osserva con le orecchie tese. Ci fissiamo per alcuni minuti, lui apre le narici cercando di captare il mio odore, io non gli tolgo gli occhi di dosso, cerco il telefono per scattargli una foto ma non lo trovo. In un flashback ricordo di averlo lasciato sul banco di lavoro in garage per avere le mani libere e poter piegare il telo della moto. Fanculo, quando lo racconterò non sarò creduto, fanculo. Allora sfilo lentamente il casco, lui continua a guardarmi, dalle froge esce vapore acqueo, le luci radenti del bosco lo circondano di una luce magica, mi sento in grado di stabilire con lui un contatto primordiale. Tento di attirarlo con una specie di verso improvvisato al momento, emetto una specie di belato, ovviamente non funziona: ma lui non si è mosso, orienta le orecchie cercando di interpretare se ci sono segnali di pericolo, io mi accoscio sul ciglio della strada voltandogli le spalle, sperando che si decida ad avvicinarsi.
Il momento è magico, ma non appena mi giro di nuovo, il daino è sparito, senza nessun rumore. Mi rimetto in sella, a motore spento, e mi avvio lungo la pista che va in leggera discesa.
Ma appena dopo un’altra curva vengo quasi investito da una mucca al galoppo: mi butto di lato per non venire caricato da una bestia terrorizzata di cinque quintali, cado e resto sotto la moto.
Mi sento osservato, mentre cerco di sfilare la gamba da sotto, e con la coda dell’occhio vedo un’ombra: anzi tre ombre.
Sento l’adrenalina che va in giro a risvegliare la mia sensazione di pericolo, devo sbrigarmi, anche perché mi pare di vedere che una delle tre ombre è umana ma non troppo, e brandisce un lungo bastone.
Vuoi vedere che è un vaccaro inviperito dal fatto che qualcuno ha insidiato una delle sue vacche e ora vuole farmela pagare.
Faccio un ultimo sforzo e finalmente sono libero, rialzo la moto, che intanto si è spenta: neanche faccio in tempo a felicitarmi per la libertà riconquistata che le due ombre, che in realtà sono due molossi, si lanciano contro la vacca che ho incontrato prima e che sta tornando indietro, la assalgono azzannandola alle zampe e al collo.
 “cazzo fai, ferma i cani” urlo al vaccaro con la voce strozzata dalla tensione, ma quello ora sta venendo verso di me, e il lungo bastone ha una lama attaccata alla fine che ha proprio l’aria di essere tagliente.
Nel frattempo i molossi hanno steso la vacca e col muso grondante sangue mi fissano con uno sguardo stupido e feroce.
Mi rimetto in sella, mentre il vaccaro assassino è a pochi metri da me, premo il pulsante di messa in moto e magicamente la quattroemmezzo si mette in moto: mi frugo nel marsupio, trovo la 457 magnum che fa sempre parte della mia dotazione di emergenza, prendo la mira e centro lo zombie che ormai mi ha quasi raggiunto.
Ma quello non cade e continua a camminare verso di me, gli sparo altri due colpi, il botto mi rincoglionisce, sto sudando e tremando contemporaneamente, poi-sono morto-penso, perché i due cani si lanciano verso di me.
Rimetto la pistola nel marsupio, giro il gas e riparto in monoruota, schivando un cane e centrando l’altro con un calcio, mentre sento il sibilare della falce del vaccaro dietro di me, il cuore è oltre la soglia della fibrillazione, l’accelerazione della moto quasi mi strappa di sella ma il breve rettilineo sterrato finisce all’improvviso.
Un salto, oltre i cespugli vedo la provinciale, cerco di bilanciare il peso in volo, aspetto il contatto della ruota posteriore con l’asfalto, la sospensione assorbe l’impatto, riesco a fermarmi davanti ad un cartellone pubblicitario senza sfondarlo.
“Dolcetto o scherzetto” recita il claim.

Fanculo, lo sapevo che non dovevo uscire a Halloween. Rimetto la prima, sull’asfalto la moto canta che è un piacere, mi volto e rivedo il daino di prima, pare che mi dica “per stavolta te la sei cavata”, terza, quarta quinta e torno verso casa.
(da un'idea di Gunther Brauer)

venerdì 28 ottobre 2016

sapevatelo!

e veniteci: perlomeno quelli che vivono ragionevolmente vicini ai luoghi dell'evento. Se però siete curiosi lo stesso, il libro potete ordinarvelo in libreria.



lunedì 24 ottobre 2016

un gran maleducato

Che al limite, poteva fare dire "sono sotto la doccia, non posso rispondere ma parlate con mio cugino. Un pacchetto con una medaglia? Grazie, lasciatela al portinaio."
Invece niente: sai che ti dico Robert Zimmermann? Che Bob Dylan è un cafone, un gran vastaso, un enorme maleducato. E che se l'anno prossimo il Nobel andrà a qualche mummia ammuffita la colpa sarà pure tua. E a che ci sono te lo dico, il tuo ultimo lavoro è ridicolo. Tiè.

domenica 23 ottobre 2016

rispondete

Qualcuno mi legge? Prego lasciare commento in modo da linkare la sua pagina. Altrimenti, mi sentirò come la sonda spiaccicata sulla superfice di Marte, dove pare ci sia puzza di metano.

lunedì 17 ottobre 2016

il Punk è morto, viva il Punk Zombie.

Il punk è morto, viva il punk. Ma può anche-come uno zombie-risorgere. Ed essere anche molto meno putrefatto di un morto che cammina. Ho dato conferma a questa mia convinzione ascoltando in lungo e in largo il nuovo cd dei Green Day, Revolution Radio. Che quando lo metti nel lettore, parte una musichetta angelica, una ballad da fm radio commerciale. Che dici? Aspetta che parta a pistolettata la seconda traccia, dal titolo appunto adeguato - Bang Bang. E sembra un giochetto da teenager lavorare come fabbri e boscaioli su batteria basso e chitarre ad alto voltaggio, ma i Green Day non sono più bambolotti al latte. Poi il pezzo-ruffianissimo-che dà il titolo all'album: non vi uscirà più dalla testa. Una bella sorpresa, mi è piaciuto.

sabato 15 ottobre 2016

il padrone del parcheggio



Sta lì perchè gli hanno detto che si parcheggia a spina di pesce. 
E perchè aspetta che qualcuno gli spieghi come mai hanno dato il premio Nobel a Bob Dylan.
Te lo spiego io, micio: le cose cambiano, e non mi stupirei se tra qualche anno verrà premiato un graffitaro, uno di quelli che scrive o dipinge sui muri delle città, in fondo sempre di una forma di comunicazione si tratta.
D'altra parte, vecchio mio, prima è arrivato un presidente americano nero, ora arriverà un presidente americano donna (che non è stata scelta sul paginone centrale di Playboy).
E come diceva la gnà Sabetta, affacciata al balcone del suo paese arroccato su una montagna delle Madonie già nello scorso millennio "il mondo è cambiato, ricambiato, ricambiatissimo e ricambierà ancora". 
( la foto è mia, nel senso che l'ho scattata io)

martedì 11 ottobre 2016

compagno Berlinguer!

Lei, una quarantina single, che vuole scappare di casa, per sottrarsi alle attenzioni della madre, settantina ex professoressa di matematica ormai in sedia a rotelle ma energica come un dobermann. Lei trova un lui, attempato, benestante, nonno divorziato. Lo porta a casa a presentarlo alla madre rotellata. "mamma, ti presento il mio compagno...". Non fa in tempo a finire la frase che la madre, presa dai diavoli, si mette ad urlare "compagno? Quale compagno, cu e'? Io solo al Compagno Berlinguer conosco!". L'hanno sentita pure in portineria.

lunedì 10 ottobre 2016

ragionare per algoritmi

Non li sopporto, quelli che-ad una tua pressante e motivata richiesta-si trincerano dietro una procedura e rispondono si o no. Mi chiedo che ti ci hanno messo a fare, al telefono di quel call-center che dovrebbe essere un aiuto al business, se invece di usare il buon senso continui a seguire la flow-chart che hai davanti. Potevano metterci gratis un computer, un mulo parlante o una scimmia al solo prezzo del mangime. Non mi stai aiutando, e poi mi chiedi di rispondere alle domande del sondaggio sulla customer satisfaction? Ma prenderti a colpi di mazza da baseball no?

domenica 9 ottobre 2016

era da gennaio

E ora siamo ad ottobre. Siamo, quelli che ci siamo, perchè qualcuno si è perso, o non ce l'ha fatta. Ad uno ero particolarmente affezionato anche se non gliel'ho mai detto.  La sua fotografia, dove ha una faccia seria, che sembra essere uscita dagli anni '80 (quando ci siamo conosciuti) è ancora su Facebook, chissà quanto tempo ancora ci resterà, non credo che Mark abbia inventato un sistema per seppellire gli account insieme ai titolari, quando questi non ci sono più.
E cosa c'è di nuovo: che verranno pubblicati due libri nuovi, uno di fotografie (si intitola Sicilia 1.0, le foto ed i testi sono opera mia) ed uno quasi nuovo di racconti, che si chiama Todo Mundo II. Quasi nuovo, alcuni presi da altri libri, alcuni rieditati, alcuni che non erano mai stati pubblicati.
E poi. E poi ricomincio a scrivere qui. Promessa. Forse.

venerdì 8 gennaio 2016

Checco si, Checco no, Checco forse.

Ierisera siamo andati a vedere Quo Vado, film di Zalone, (spinto e pompato da tutti i media perchè prodotto dal gruppo Mediaset, che si sa, ha facile accesso a giornali e telegiornali). I miei figli, cinefili raffinati che sorbiscono pellicole al ritmo di un paio al giorno (ma solo se sono in lingua originale con sottotitoli in cinese antico), mi hanno detto "fa ridere, andate a vederlo" e così abbiamo fatto.
Il cinema era pieno di gente, soprattutto ragazzini e gente qualunque, con quintali di popcorn e patatine. La storia ovviamente è semplice e di facile comprensione, narrando di un italiota talmente attaccato al posto fisso che dovrà superare prove titaniche per mantenerlo, sotto gli attacchi di burocrati che vorrebbero cancellare la sua mansione.
In passato, altri autori e attori cinematografici hanno raccontato dell'italiano medio, da Totò a Franco e Ciccio, passando per i film con Alberto Sordi, quelli di Lina Wertmuller, fino ad arrivare al mitico Giandomenico Fracchia, o Fantozzi. Magari erano anche grandi registi come Ettore Scola a raccontare di queste storie (a proposito, Quo Vado ricalca un pò il format di "riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa?") e anche l'intellettuale bilioso ne ha approvato la trasposizione cinematografica. Quo Vado è un film facile, senza troppi trucchi, del quale si può fare o non fare una lettura politico-sociologica (e non cambia nulla se non si fa) o al quale si può semplicemente assistere ridendo delle smorfie e delle peripezie di Checco Zalone: devo riferire per onore di cronaca che il cinema non sghignazzava, e che ho visto alti film in cui mi sono slogato la mascella a furia di ridere. Come concludere: non vale la pena, a mio parere, di affannarsi e fare file al botteghino del cinema, e non bisogna aspettarsi niente di straordinario, per cui non lo consiglio, ma neanche lo sconsiglio. (l'intellettuale bilioso continui a rovinarsi il fegato, e vada a vedere qualche retrospettiva di cinema vietnamita).

Blackstar. Ovvero fare stravizi e vivere a lungo.

Blackstar e'il nuovo lavoro di David Bowie, un altro di quelli che ci dimostra un fatto ineluttabile: essere rockstar allunga la vita. Ma non voglio affrontare temi che competono alla geriatria, fatto sta che il Duca Bianco alla venerabile età di anni 69 ha sfornato un cd interessante e diverso. Sono sette lunghe tracce, praticamente nessuna delle quali ha la dimensione da hit radiofonica. Niente riff e refrain, nessun brano ha il motivetto che sbatte dentro il cranio come un calabrone. Se avete amato certe atmosfere dark di King Crimson e Massive Attack, questo disco così oscuro e ritmato fa per voi, anzi per noi.