lunedì 28 agosto 2006

l'anno delle lucertole

L’anno delle lucertole

L’anno delle lucertole. Come l’anno scorso era stato quello dei grilli, e quello prima quello dei gechi.

Sto archiviando la memoria dei mesi trascorsi in villeggiatura in questa casa con le specie animali prevalenti: non so se si tratta di una gentilezza della Natura, o se semplicemente il variare delle condizioni metereologiche causa la proliferazione o la diminuzione di questa o quella specie. Meglio l’anno delle lucertole di quello delle vespe, per le quali non nutro grande simpatia.

 

estate

L’estate si era ufficialmente inaugurata con grande vampa di scirocco, notti con temperature da fornace, sonni immersi nel sudore. Poi, finito luglio, il clima si è orientato ad una strana e insolita stagione atlantica, fresca, piovosa, con il mare perennemente agitato. Tranne due giorni di disastroso scirocco, perché si legge dopo.

 

libri

Ho comprato i soliti libri a caso. Non troppo a caso comunque, una raccolta di racconti di un premio Nobel spagnolo di cui non avevo ancora letto nulla, un libro di Jeoshua, un altro di una tizia indiana il cui titolo mi aveva attratto.

Negli spazi di tempo lasciati liberi dall’editing del volume che andrà pubblicato ad ottobre, dagli incroci obbligati (destinati ai solutori più che abili) della immutabile inossidabile settimana enigmistica, dagli scorrazzamenti in moto con i figli a scoprire nuovi sentieri nel parco, dalla cura e raccolta di peperoni pomodori e melanzane ( dieta biologica al 100%) ho letto i libri che avevo comprato. Non so, mi sembra che manchi sempre qualcosa per poterle definire ottime letture.

 

computer

Il computer l’ho portato con me, per via del fatto dell’edit, ma non sono andato neanche una volta dalla zia a chiedere zia mi fai usare la tua linea telefonica?

Una specie di processo di detossicazione dal web. E non ho quindi né letto né aggiornato il blog.

 

persone

Ho rivisto le persone che ormai incontro solo anno dopo anno, in spiaggia o scambiandoci visite nelle rispettive dimore di campagna. Che le promesse fatte sotto l’ombrellone “se vengo a milano in riunione ti chiamo e usciamo insieme” restano sempre disattese. Il fatto è che anno dopo anno, complice il decadimento cellulare, qualcuno sta male o sta peggio dell’anno scorso, o forse non supererà l’estate, e dire che quando adolescenti guardavamo il fondo dalla barca, a capo Raisigerbi, e scommettevamo chi di noi, maschio o femmina avrebbe preso la manciata di sabbia a diciotto metri di profondità, allora la vita ci sembrava eterna, senza angoli bui.

 

amici

Che scopro come classificare l’amicizia: anche se non ti vedo per anni, anche se non ci telefoniamo , se quando ci si incontra partono positive vibrations e moviole emotive impattanti, allora vuol dire che siamo amici.

 

Surgillino

 

Un scoperta interessante, o raccapricciante. Mi è stato detto dalla signora che oltre a fare l’aiuto sacrestano in chiesa si diletta di medicina popolare e altre magie più o meno colorate, che per eliminare il problema dell’enuresi notturna nei ragazzini, qui in paese, si usa somministrare loro un surgillino.

Inutile andare a cercare nella Farmacopea: tale rimedio naturale è una specie di topolino campagnolo, la cui caratteristica è quella di avere delle linee bianche sopra gli occhi e sulla schiena. Esso viene catturato, spellato, arrostito e dato da mangiare ai bambini che bagnano il letto. Dice che funziona. Non so se dipenda dal contenuto di ormone antidiuretico del povero roditore o dall’abominevole schifo dato dal mangiarselo arrosto. In ogni caso, poveri loro, i surgillini e i bambini piscialletto.

 

r.i.p.

 

si sa, le mogli sono facili all’urlo di terrore. E ormai non mi impressiono più. I miei figli mi hanno detto, un pomeriggio che leggevo una rivista di moto ( meglio di playboy) “papà, papà, ti è passato speedy gonzales tra i piedi”, contemporaneamente si è scatenata l’ugola della donna di famiglia.

“che volete che sia, un topo di campagna è, in fondo non siamo in campagna? Ospiti suoi siamo, e dobbiamo chiedergli scusa.”

Non c’è stato verso però, Speedy è stato condannato alla pena capitale a causa degli stronzetti che disseminava sulle sdraio e a causa del potenziale rischio di danno atomico da roditore libero.

Però non è stato necessario comprare il veleno: consentitemi di elevare una prece all’animaccia del sorcio morto, perché lo scoprirete dopo. Sappiate che ha lasciato rimpianto e ricordi nostalgici, anche nell’animale femmina di famiglia.

 

Ringraziamenti

 

1.A fine vacanza, ringrazio il benzinaio stronzo e baffuto dell’unico distributore nel raggio di 25 kilometri che alla richiesta di un litro di benzina per soccorrere il quad di mio figlio rimasto a secco ha risposto acido “voi turisti ve ne andate a mare e pretendete che io faccia gli straordinari, è la una e dieci e la pasta mi aspetta a casa, tornate alle quindici.”

Minchia, di lotta di classe si tratta allora, io borghese villeggiante contro di te, proletario pompista. Comunque, fanculo.

2.Grazie al piromane che nel giro di due giorni e due notti, riprovandoci quattro volte, ha incenerito i terreni incolti accanto al mio. Grazie perché senza il suo intervento non avrei potuto assistere al lancio ravvicinato di acqua da parte di Canadair a bassissima quota e di elicotteri della Guardia Forestale condotti da cow-boys drogati. Grazie perché se lui non avesse deciso che era ora di distruggere cento ettari di uliveti e macchia mediterranea non avrei potuto assistere allo spiegamento di armate brancaleone spegnifuoco e paludati funzionari regionali, e ufficiali delle varie armi, nel giardino scottato della mia casa, discutere e dissertare su come meglio muovere le pedine sullo scacchiere.

Grazie perché la coppia di abeti bianchi , “i fratellini” li chiamavo io, ora ha l’aspetto di una lisca di pesce gigante piantata nel terreno. Anche al signor piromane un doppio fanculo. E una promessa: un posto in prima fila, legato per i piedi all’albero che brucerà per ultimo nella sua prossima impresa. Fanculo anche allo scirocco.