lunedì 28 febbraio 2005

una mattina presto

 

Prese dall’armadietto sopra al lavandino una confezione nuova di corn flakes ; sulla scatola dai colori rassicuranti un tacchino travestito da cow-boy, con muscoli da culturista, vantava in un fumetto i vantaggi di una alimentazione ai quattro cereali.

Aprì la busta, versò la quantità giusta ( o quella che le sembrava giusta) nella tazza ed aggiunse il latte freddo, poi si sedette, e sorseggiò il caffè alternandolo alle cucchiaiate di latte e corn-flakes.

Il notiziario tv delle sette del mattino raccontava le solite banalità sulla politica, su soliti personaggi mediatici, gente di plastica la definiva lei, poi si interruppe per dare spazio ad alcuni spot pubblicitari.

Consumò la colazione, mise la tazza nel lavabo, dove erano ancora parcheggiati i piatti sporchi della cena della sera prima, stava per spegnere la televisione quando il notiziario riprese, e la presentatrice dalle tette strizzate nella camicetta bianca con sopra la scritta star disse che c’era un collegamento con il centro commerciale, per una notizia dell’ultim’ora.

Si fermò al centro della stanza, vicina all’apparecchio televisivo, ed ascoltò senza respirare, concentrandosi sulle parole che uscivano dall’altoparlante; con il dito sul tasto del telecomando progressivamente aumentò il volume, fino a fare vibrare l’orologio di plastica che era posato sopra.

Sullo schermo predominava il rosso, che tendeva al nero e poi si mescolava con il grigio ed il bianco, nella confusione di colori l’inviato della tv, in un riquadro a parte, con voce concitata dava la notizia dell’incendio che stava devastando il centro commerciale.

“Non ci sono vittime, almeno sembra” disse tra il fumo il telecronista, poi il collegamento si interruppe e ritornò a dominare il cinescopio l’immagine della giornalista che fece una smorfia preoccupata per alcuni centesimi di secondo dopo la fine del servizio, per poi riprendere il solito sorriso, frutto della felice scelta di un buon ortodontista, pagato dalla rete televisiva.

“Se è successo tutto questo”, pensò Nadia, “non dovrò andare al lavoro oggi pomeriggio”, e questo pensiero trasmise al suo corpo una specie di allegria, un desiderio vago di fare qualcosa di diverso, per dare senso ad una giornata in cui avrebbe avuto del tempo libero.

“preparerò la bicicletta, andrò a trovare mia madre, le farò una sorpresa”, ma non sentì alcun benessere dopo essersi dichiarato come impiegare il tempo libero, anzi si immaginò nel giardino della madre, in attesa che lei le aprisse la porta, a preparare delle scuse valide per giustificare il fatto che ormai erano tre settimane che non andava a trovarla.

Si sentì fortemente a disagio, “non andrò da mia madre oggi, ci andrò mercoledì”, ma il disagio diminuì di pochissimo.

“Forse è il caso che io chiami il caporeparto per sapere se dovrò andare al lavoro, magari serve aiuto lo stesso” pensò allora Nadia, prese la cornetta del telefono, compose il numero sulla tastiera scolorata, guardò come sempre i cerbiattini di porcellana sulla mensola, attese che squillasse, contò mentalmente dieci impulsi continuando a scrutare i cerbiattini come se non li avesse mai visti, poi posò nuovamente la cornetta.

“chiameranno loro per dirmi cosa fare” pensò ancora, fermandosi davanti alla porta del bagno.

Restò a fissare la decalcomania di Bugs Bunny sulla porta , invasa da una serie di sentimenti contrastanti: da un lato il desiderio di sentirsi inaspettatamente in vacanza, dall’altro il senso del dovere, la routine, il volare dei foglietti del calendario la facevano sentire senza rete, senza sicurezze.

“se il centro commerciale chiude, potrei perdere il posto”, questo pensiero attraversò come il rombo di un jet la testa di Nadia, “magari verremo licenziati, forse qualcuno potrà essere trasferito nelle altre sedi”.

Sentì che il latte nello stomaco si era trasformato in un blocco di cemento, sentì che aveva bisogno di calore, sentì che aveva bisogno di certezze che allo stato delle cose era irrazionale aspettarsi.

“se perdo il lavoro, il giudice non mi consentirà di vedere mio figlio” disse Nadia ad alta voce, ferma davanti alla porta del bagno, mentre fuori passava una ambulanza con la sirena accesa e Bugs Bunny rosicchiava ancora la stessa carota .

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