domenica 1 gennaio 2006

bachelite nera



Sblocca tastiera, rubrica, cerca nome, ma come cazzo ti ho archiviato? Improvviso attacco di nostalgia.
Sul muro, in posizione difficilmente raggiungibile dai bambini di casa, tranne che non si munissero di una sedia sufficientemente alta.
Nero, bachelite lucida, dalla cornetta pesante, col deflettore che si schizzava di goccioline di saliva quando a parlarci, o a urlarci dentro, erano gli anziani di casa, un po’ duri d’orecchio.
E quando era duplex, spesso risultava occupato dall’odioso partner di linea, e allora si scendeva a citofonare quando la sopportazione superava i limiti di guardia, e alzare e abbassare freneticamente la cornetta nella speranza che l’altro sentisse i click non aveva prodotto nessun esito.
Lo squillo era standard, non c’era verso di modificarlo, spaccava il silenzio della notte e saettava tra i rumori sferraglianti delle officine, tutti lo sentivano; in tempi ancora preistorici venne dotato della possibilità, tramite una rotellina zigrinata nascosta sotto la base, di regolare la potenza del trillo.
Il disco rotante, coi numeri stampati sopra in colore argento, si poteva manovrare anche ad occhi chiusi: contando gli scatti che emetteva al ritorno si poteva essere certi che il numero fosse stato composto correttamente.
L’attesa delle interurbane, con i tic e i buzz e i clock che lasciavano tutto il tempo di immaginarseli, quegli elettroni su cui cavalcavano le parole destinate alla zia emigrata o alla ragazzina magra conosciuta in estate, e poi finalmente il contatto, un pronto? che sembrava arrivare da un altro pianeta.
La telefonata alla ragazzina magra. Per prima cosa era necessario il permesso: si domandava al pater familias la concessione del telefono, cinque minuti papà , che poteva essere sempre negata in funzione dell’impellenza di una importantissima chiamata di lavoro, e magari non era vero.
Poi ci voleva la giusta dose di coraggio, con le mani sudate estrarre dal diario vitt il numero scritto con la matita, avvicinarsi tremebondi all’apparecchio, comporre il numero con estrema attenzione, bloccare e ricomporlo, magari era stato commesso un errore , tenere il fiato sospeso durante gli impulsi che contraddistinguevano il segnale di libero, esalare un pronto c’è maria? a salivazione azzerata, subire l’interrogatorio del fratello o della madre , che se rispondeva il padre c’era il pericolo che dicesse no non c’è al fine di preservare l’illibatezza della fanciulla.
Se il cavo a spirale era sufficientemente lungo ed estensibile ci si poteva nascondere dietro la porta del camerino, o del bagno, e pronunciare le poche ansiose frasi dal contenuto moderato e dilazionatorio, frenando i picchi ormonali che avrebbero voluto chiedere un appuntamento al baretto il pomeriggio successivo.
Qualche volta succedeva il contrario, cioè che a chiamare fosse una dalla voce sensuale, che si qualificava come la sorella di quel compagno della sezione b, e tra i sospiri fissava un rendez-vouz nel giardino della scuola, all’intervallo: per farti riconoscere metti una sciarpa rossa. E l’indomani c’era un unico coglione con la sciarpa rossa e qualcuno che se la rideva dietro ai cespugli.
Niente a che vedere con la faccia del chiamante che occhieggia dentro al display multicromatico, mentre la suoneria campionata sull’ultima hit richiama l’attenzione di quelli che stanno intorno, tranne di chi deve prendere la chiamata, finchè qualcuno dice vuoi rispondere o no?
E gli sms? Che per le mogli hanno un solo significato: Scopami Maniaco Sessuale, e a mandarli sono Sicuramente Mignotte Svergognate.
A proposito,il numero l’ho trovato e ti ho chiamato ma non eri raggiungibile, fottiti.

3 commenti:

anonimo ha detto...

Divertenti i tuoi post ma anche amari, questo per dire fa pensare alla fine della comunicazione e allo spegnimento delle fantasie/emozioni che accompagnavano il giro del disco mentre si componeva un numero.

Ciao Lucia

notimetolose ha detto...

Un amarcord senza nostalgia un come eravamo che ci fa sorridere, perchè eravamo proprio noi quelli, eravamo proprio così.

setteparole ha detto...

Ricordo una notte di S. Silvestro che trascorrevo rigorosamente con i miei, insieme ai nostri vicini(ultrasettantenni) in una interminabile cena, con la sola compagnia decente di mia sorella. Qualche minuto dopo la mezzanotte facevi di tutto per arrivare a quello strumento di bachelite nera appeso nel corridoio e di nascosto da tutti tentavi una telefonata a casa dell'amato bene. Se eri fortunata ci riuscivi e all'altro capo del filo la sua voce allegra ti diceva che si stavano divertendo molto, con tanti amici.E tu morivi di invidia e di gelosia immaginando che tra i tanti amici venuti da fuori, ci fosse pure quella tale cugina dai lunghi capelli che parlava in milanese e si atteggiava a donna vissuta.Indovinare tutto ciò al telefono e poi andare a letto...Forse è meglio il video-telefono.Ciao.