venerdì 23 settembre 2005

lo gnomo e la gnoma



Lo gnomo e la gnoma sono marito e moglie; si amano, se odiarsi a morte vuol dire amarsi.
Sono entrambi più brutti della Morte, bruttissima per chi ne ha paura ed anche per chi non ne ha.
Lo Gnomo non è alto ma neanche esattamente basso; è un cumulo di rotondità, rotondi gli occhi porcini, perfettamente circolari e frontali le nere narici, rotonde le orecchie da topo troppo cresciuto, sferica la pancia prominente. Potrebbe mettersi a ruzzolare se preso a calci lungo un pendio, così come potrebbe frantumarvi tutte le ossa con il suo sguardo malefico.
La Gnoma assomiglia in pieno alla ramazza dello scopino municipale; è alta ed ossuta, tale e quale il manico della scopa, ed i capelli di rame intrecciato latrano la loro sporcizia ai quattro venti; appoggiata a testa sotto i suoi capelli non si ammaccherebbero minimamente, anzi graffierebbero irreparabilmente qualunque superfice con cui dovessero malauguratamente venire a contatto.
Perciò non vi venga mai in mente di pettinare la Gnoma: potrebbe strapparvi le budella dagli occhi ed impiastricciarsele nella sua immonda criniera, come uno sconcio toupet.
Lo Gnomo e la Gnoma camminano sempre insieme, ma credo che in realtà sia l’orizzonte ad allontanarsi da loro, e l’asfalto diventa subito rovente dove poggiano le loro lunghe scarpe, nere come la solitudine del becchino.
Lo Gnomo da piccolo, ammesso che sia mai stato piccolo, impiccava i cani ed i gatti, perché lo sfuggivano come l’acqua sfugge il deserto, picchiava selvaggiamente gli altri bambini, perchè non aveva fratelli; in realtà è difficile credere che sia stato partorito da un qualsiasi essere umano, inquantocchè qualsiasi madre sarebbe morta istantaneamente per la vergogna di aver messo al mondo tale repellente creatura, e qualsiasi bambino avrebbe preferito restare chiuso al buio in compagnia di tutti i fantasmi piuttosto che ammettere che lo Gnomo era suo fratello.
Quando nacque la Gnoma, sembra che fosse di Giugno, caddero tutte le foglie dagli alberi, ed i rocchetti di cotone della intera regione si avvilupparono indistricabilmente; la terra aveva vergogna di aver generato la Gnoma, dai capelli di rame intrecciato.
Anche l’aria sembra ritrarsi quando passano lo Gnomo e la Gnoma, ed istantaneamente dopo il loro passaggio si scatenano turbini di vento, perchè il cielo vuole lavare ogni traccia del loro ferale passaggio, e grandina a mucchi.
Infatti sembra che siano seminatori di morte: sembra anche che la tengano nascosta dentro piccoli zaini, e che ogni tanto si fermino in mezzo alle più belle campagne e traggano fuori da quegli orribili contenitori alcuni semi, mescolando insieme quelli della morte, della discordia, dell’odio, della miseria.
Non mangiano nulla, lo Gnomo e la Gnoma hanno la capacità di risucchiare lo spirito degli esseri viventi e di saziarsene solo quando le lacrime delle popolazioni colpite fanno tracimare i laghi e straripare i fiumi della regione; digeriscono il loro pasto stando impiedi, vicino ad un qualsiasi bosco, e qualche raro testimone oculare li ha visti crescere fino a sfiorare le nuvole, e subito dopo rimpicciolirsi alla misura delle formiche.
Ma anche ridotti alla dimensione delle pulci sono in grado di arrestare un treno merci e ridurlo in piccoli frammenti triturati.
Non si sa da dove vengono, nè dove vanno, nè ciò che faranno, perchè non hanno parlato mai con nessuno, e quindi la gente non sa se siano in grado di parlare l’idioma dei comuni mortali.
Lo Gnomo e la Gnoma sono nel mio cassetto, delicatamente avvolti in un panno di velluto rosso, e quando sono stanco di troppa felicità ed ubriaco di troppa dolcezza li scateno sulla faccia della terra a compiere stragi che siano capaci di rattristarmi un po': non c’è proprio nulla di male, mi annoio a dismisura, qui in Paradiso.


1 commento:

anonimo ha detto...

Antonio, ho inserito il tuo pezzo "telegiornale delle venti" su paroledisicilia. Fatti sentire. Mauro