venerdì 9 settembre 2005

I giorni dell'abbandono


Ho letto in questi giorni che il film "i giorni dell'abbandono" presentato a venezia è stato sommerso da tsunami di fischi.


mi pare normale, il libro era orrido, e qui di seguito   ripropongo la recensione che ne feci, da un libro brutto verrà fuori un film brutto...


In ogni caso, si accettano contributi da aspiranti kamikaze che vorranno vederlo, il film.


Elena Ferrante: i giorni dell'abbandono.


La storia prevede una prima parte, ordinatamente banale, di moglie-accessorio in una casa permeata dal marito assente, che per propria tranquillità e per marcare il territorio la ingravida due volte e le affida pure un proprio clone canino, che le ricordi di occuparsi comunque del coniuge anche quando non c’è.


L’azione e la successiva reazione si svolgono in una città nominata, tragicamente ordinaria, impermeabile agli aneliti vitali dei propri abitanti.


L’equilibrio si rompe quando lui, impasticcato dei propri stessi ormoni, imbizzarriti dal contatto con una lolita domestica, le comunica l’abbandono.


Inizia a questo punto una specie di fuga nello spazio pneumatico, in cui Olga, la stordita protagonista, si perde dilatando e smaterializzando sensazioni e percezioni.


Compaiono ectoplasmi evocati dalla memoria disarticolata, fantasmi che emergono dal presente, deformazioni spazio-temporali degne di un tuffo in una vasca piena di acidi lisergici.


Dovrebbe agire Olga, perché tutti i segnali dell’emergenza sono attivati, ma il suo istinto materno è obnubilato dal senso di vendetta nei confronti dell’uomo, e così la casa, le abitudini, la sopravvivenza stessa dei figli risultano essere ridotte allo stesso livello delle cartacce e dell’asfalto liquefatto della città deserta sopraffatta dalla canicola estiva.


Durante questa fase tossica lei si inventa una situazione erotica con un appassito vicino di casa che rasenta lo stesso squallore dei filmetti porno fatti in casa.


Arriva, anche se al ralenty, il momento in cui Olga deve scuotersi, ma la sua mente vacilla tra la condizione allucinatoria in cui è precipitata dopo il mancato coito con l’inquilino e la percezione dei segnali di pericolo, ma come in un film del terrore, le porte non si aprono, il telefono non funziona e fare baccano non servirà a niente perché tanto nessuno può sentire.


Il condominio è deserto, abbandonato ( ricordate “shining?).


Lei non si rende conto che qualcosa ancora la lega alla vita precedente, ma pone rimedio trascinando ad un involontario patibolo chimico il cane: lei ancora non lo percepisce, ma l’evento la libera dal clone del marito, liberandola anche dal senso di vuoto, dal rancore dell’abbandono, dallo scintillio pauroso dei fili strappati dal quadro elettrico dell’amore.


A questo punto la bolla allucinata scoppia, provocando un semiordinato e biecamente quieto ritorno di Olga ad attività compatibili con la vita di madre, di donna, di puntino umano sulla crosta terrestre.


L’epilogo è in perfetta sintonia con le aspettative del lettore, in quanto Olga ritorna ad un ruolo semiparassitico colonizzando la corteccia dell’inquilino musicista.


Gli aggettivi sono quasi tutti al loro posto, la rappresentazione dell’asincronia mente-cose è efficace, la lettura procede senza rimorsi e senza intoppi, qualche dubbio si stacca dal fondo di questa piscina melmosa se proviamo, come spesso fa il lettore, a confrontarci con la vita descritta di questa donna traslucida.


Ma è questione di un momento: i rumori del mondo ci fanno dimenticare anche dei nostri personali tormenti.

1 commento:

VentodiGrecale ha detto...

Il libro non l'ho letto e non ho vidto ancora nemmeno il film (non so quanto ne valga la pena, preferisco sempre i libri) ma non ho potuto fare a meno di notare che abbiamo la stessa immagine sul blog.

Ciao e buona giornata.