martedì 18 ottobre 2005

gazzosa per tutti



“La vedi quella fontanella? Ci venivamo a dissetare dopo che finivamo le partite al chianu. Altro che cocacola o quelle bottiglie colorate che costano due euro e dopo che l’hai bevuta ti viene la sete più forte di prima.
E a lavarci le ginocchia sbucciate, non si poteva tornare a casa ngrasciati di sterro e sangue, che poi le madri si mettevano ad abbanniare nei cortili, e per qualche giorno ci tenevano alla catena.
Lo vedi quel mucchio di lamiere? Quelle erano tutte baracche e ieri le hanno buttate giù e domani vengono le ruspe a sbarazzare tutto. Ci sarà di nuovo un chianu dove i ragazzini del rione potranno andare a giocare a pallone come facevo io. Te ne sei accorto che i picciriddi non giocano più a pallone nelle strade?”
Mi dice queste cose mentre passeggiamo sulle basole instabili di una stretta strada del centro storico, dove alcuni palazzi sono lindi di restauro e facciata rinfrescata, altri trasmettono angoscia e paura di crollo, con i loro balconi spalancati che sembrano occhiaie di teschio.
Saranno a casa a fare i compiti, o a giocare ai videogiochi o a guardare la televisione, rispondo io.
“Lo sai, sono consigliere di quartiere, qui ci sono nato, anche se non ho studiato lo so cosa vogliono i picciutteddi, che se li lasci chiusi a casa si fulminano il cervello con la plaistation.”
Massimo si ferma, guarda di nuovo la bidonville demolita, sicuramente torna al ricordo del chianu. E delle partite contrarie, che si cominciava alle due, dopo avere svuotato il piatto di pasta e fagioli, e si finiva solo quando scurava.
“ci giocavamo cento lire a partita, le squadre erano sempre più o meno le stesse, se venivi a vedere non capivi niente, tutti appresso al pallone nel pruvulazzo, e c’era il figlio del salumiere che a casa aveva la televisione e la madre ci cuciva i numeri dei giocatori sulla maglietta bianca, qualche volta di nascosto portava il pallone di cuoio e diceva enzi quando c’era fallo di mano, e conne per il calcio d’angolo, che l’ho scoperto solo da grande che significavano quelle parole.”
Ma chi ti ha dato ascolto? Per fare questi lavori, chiedo a Massimo.
“Lo sai che qui vengono gli onorevoli a pigliarsi i voti, e mi cercano, Massimo di qui e Massimo di là; ma io ci trovo i voti solo a quelli che mi stanno simpatici, lo decido io chi acchiana nel rione, che a fare promesse sono tutti bravi e poi mancianu e su scordanu. Invece questo onorevole, si quello che mi ha detto Massimù portati per il consiglio di quartiere, questo onorevole ti dicevo, quello che ha fatto la delibera per mandare la ruspa domani, a lui gli ho fatto comprare una casa qui, l’abbiamo ristrutturata, ci sono gli affreschi nel tetto, che per riempire gli occhi non c’è bisogno di quadri alle pareti, pure io che le scuole non le ho finite lo capisco che sono cose belle, bellissime, e siccome l’anno prossimo mi sposo, l’ho comprata pure io una casa con i tetti dipinti.
Angeli, cavalieri, fimmine bellissime, che quando ci andrò a stare con mia moglie ci sentiremo come quei baroni che ci abitavano prima, e se mi affaccio dal terrazzino si vede lo Spasimo.”
Massimo si ferma e apre il guscio del cellulare.
“Te la faccio vedere, tanto ormai siamo amici io e tu, guarda, questa è lei, e questa è mia nipote, guarda che bambola, la figlia di mia sorella, quella che se n’è fuiuta. Mia madre la tiene chiusa la ragazza, che è troppo bella, e sarebbe peccato che se ne fuisce come mia sorella. Mio cognato? Quello era uno schifo, ora è al colleggio, ma quando esce qui non gli conviene venire, che lo faccio scomparire.”
Guardo nel microscopico display del telefonino, le foto che lui mi fa vedere con tanto orgoglio, foto di ragazze giovani che si spera non sfioriranno presto come le madri e le nonne. Alla parola scomparire lo guardo negli occhi, forse troppo severamente, e lui si mette a ridere.
“Scomparire è un modo di dire, che pensi, un bravo ragazzo sono, mio cognato, anzi il mio ex-cognato, che ci portai le carte all’avvocato per farla separare a mia sorella, lui è uno schifo d’uomo, e qui non ci torna più”.
Il Genio di Palermo in cima alla fontana guarda sconsolato un imponente edificio avvolto dalle impalcature, in attesa di restauro dopo un incendio doloso di dieci anni fa.
“lo sai che facciamo? Ci pigliamo un caffé, poi nella macchina ho un supertele, ce ne andiamo al chianu, chiamiamo ai miei nipoti e facciamo una porta romana.”
Va bene, dico io, chi perde paga la gazzosa per tutti.


Piccolo glossario di termini palermitani:

chianu: spiazzo, piazza sterrata
ngrasciati: sporchi (da grascia, grasso)
abbanniare: gridare sguaiatamente ( il banditore abbannia gli editti del sindaco, il venditore ambulante abbannia la sua merce)
picciriddi: bambini
picciutteddi: ragazzi in età puberale
scurare: tramontare del sole
pruvulazzo: polverone
enzi: distorto dall’inglese hands, mani
conne: distorto dall’inglese corner, calcio d’angolo
acchiana: viene eletto, da acchianare, salire
mancianu e su scordanu: mangiano e se ne dimenticano, metaforico.
fuiuta: colei che fa la fuitina, cioè viene rapita dallo spasimante per organizzare subito dopo un matrimonio riparatore
colleggio: a Palermo si intende il carcere borbonico dell’Ucciardone, detto anche albergo, tuttora attivo.
 

4 commenti:

ilianetto2 ha detto...

"Errata corrige"

Ilia

ilianetto2 ha detto...

Il post con annesso glosario a poi. Ora mi preme dirti che la terapia, lento pede, sta funzionando, e...speriamo che duri!!!

Ma tu, da buon medico, e dove stanno???, non smettere di venire a controllare il mio stato di salute.

A presto. Ilia

ilianetto2 ha detto...

Non capisco cosa ci fosse da capire!!!

E' evidente che non mi sono saputa spiegare.

Il tuo post lo leggo dopo cena, no, dopo ballarò; io mi sento "meglio" grazie ai tuoi consigli di "buon medico", e oggi i buoni medici sono davvero "merce rara";i tuoi "controlli medici" mi sono utili!!!

Sono stata più chiara?

Fammi sapere. A presto. Ilia

ilianetto2 ha detto...

Ah, forse l'errata corrige!!!

L'errore mio di battitura: glossario con una esse!

Ciao. ILia