domenica 11 febbraio 2007

doppio decimetro

 

A pà, com’è il panorama da lassù?


Due anni che te ne sei andato, avevo ancora un sacco di cose da dirti.


A pà, mi manchi.






questo racconto te lo scrissi lo stesso giorno.




doppio decimetro






La voce arrivava tonante dallo studio: “chi ha preso il mio doppio decimetro?”


Ne avevamo bisogno per fare un ponte o un guard-rail per la corsa delle macchinine, “Antoniooo, Giulianooo…dov’è la riga? E la gomma per l’inchiostro? E il portamine?”.


Ovvio, papà, le avevamo prese noi, il tavolo da lavoro e la cassettiera nel tuo studio erano fonte inesauribile di sorprese, di oggetti misteriosi, di materiali da poter impiegare nelle nostre costruzioni, o per dar sfogo alla nostra libidine grafica, quando cominciammo a disegnare.


Se qualcosa era fuori posto, e non doveva esserci, perché lui era così metodico, così ordinato, così tipicamente ingegnere, la colpa non poteva che essere di noi figli.


Dopo, la ricerca del colpevole veniva attivata per scoprire chi avesse consumato il rullo della calcolatrice elettrica, che aveva un rumore affascinante, ipnotizzante; sarei rimasto ore a sentire la rudimentale stampantina ad aghi che imprimeva numeri di fantasia sullo stretto rotolo di carta, e poi il lungo nastro che si formava poteva venir buono per farci stelle filanti da lanciare dal balcone.


Poi siamo cresciuti, ed al tecnigrafo abbiamo sudato anche noi figli, con esiti diversi, ma quando tornavo a casa dopo le mie scorribande notturne con giovani come me pieni di ormoni e voglia di trasgredire, ero sicuro che ti avrei trovato lì, al tavolo da lavoro, con la lampada a cono bassa, una matita in mano, e lo sguardo che diceva “sempre più tardi ogni sera…”.


Ieri te ne sei andato, il tuo tavolo da lavoro in casa non c’era più da tempo, la tua scrivania, sempre così piena di carte, era terribilmente ordinata da un paio di giorni, forse te la sentivi che non saresti tornato a casa, forse non hai resistito alla tentazione di mettere metodo ed ordine anche nei tuoi ultimi gesti.


Eri bellissimo, e sereno, nel tuo abito gessato blu, prima che ti portassero via per l’ultimo viaggio; però sentivo che ti mancava qualcosa.


Allora sono corso nello studio, ho cercato nei cassetti e l’ho trovato, quel doppio decimetro, quello che mi ricordo tu possedevi da sempre, tutto smozzicato e con la vite al centro, ho sentito che dovevo farlo, e te l’ho messo nella tasca della giacca, mi era sembrato necessario che dovunque tu saresti andato, con quel doppio decimetro a portata di mano avresti potuto ricordarti di chi sei stato.


Non so se succederà, ma mi piace pensare che quando ti presenterai alle porte del paradiso, chiederai al vecchio con le chiavi un tavolo da lavoro con il tecnigrafo, che tanto il doppio decimetro ce l’hai.


 


A mio padre, u’ncigneri.


 



 


13 commenti:

matilde61 ha detto...

e io me lo ricordo quel racconto... un bacio

Monterey ha detto...

Un abbraccio Antonio, quanto più sentito da chi vede avvicinarsi a grandi passi, purtroppo, quello che hai vissuto due anni fa.

metallicafisica ha detto...

csne= scena (da malata scrivo ancora peggio, perdonami)

metallicafisica ha detto...

Leggendo ho fotografato la csne in maniera iperrealistica... (gli ingegneri , perché son tutti così?:)


Un abbraccio


ps: Un doppio decimetro ce l'ha un nome? Un bicimetro?:)***

anonimo ha detto...


"comu diciti vu, ncigneri!"


"comu dici lei, mastru Pitrinu!"

amoilmare ha detto...


Mi sono commossa caro Antonio.

A volte le manifestazioni d'amore più belle si concretizzano in piccoli grandi gesti..

e.l.e.n.a. ha detto...

occhi lucidi a tradimento stamattina passando di qui prima di esser fagocitata dal lunedì.


sul mancare.

sulle cose ancora da dire.

sui tecnigrafi.


quello che desidero è riuscire a dire a mio padre (a dimostrarglielo) quanto gli voglia bene, anche quando litighiamo perché le nostre testacce incocciano.


un abbraccio a te.

missy_ ha detto...

Mediceman...Ci ha attraversato qualcosa in comune, a te e a me.

LadyAllegra ha detto...

Un abbraccio affettuoso Antonio.

L.A.

timeline ha detto...

Occhi lucidi

per qualcosa che non riavrò mai

e per tutto quello che non è stato


un racconto intensissimo


Blue

anonimo ha detto...

giusto, ogni anno un decimetro

sono le cose più importanti da portarsi dietro :)

opi ha detto...

bell'omaggio, medman.



nel taschino di mio padre , tantissimi anni fa, io infilai l'excipit de - l'ultimo dei mohicani -

ranafatata ha detto...

Pure io me lo ricordavo questo racconto. E, come sai, me ne sono ricordata anche quando ho fatto scivolare una penna nel taschino della giacca di mio padre che usciva da casa per l'ultima volta. Grazie, med: la tua storia è stata un'ottima ispirazione.