domenica 21 giugno 2009

colpo di maestrale

dalla finestra


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


(foto di medicineman)


 


Il caldo durava da giorni. La notte, se si dormiva era un'agonia, e se si sognava, si sognava di essere in guerra, o arrostiti vivi in un terribile incendio. Poi, svegliandosi, la camiciola del pigiama era zuppa di sudore. Magari nelle mattinate si richiudevano le persiane per provare a fermare la luce, che infuocava  tutto già dall'albeggiare. Quella notte i sogni erano stati più inquietanti; la scuola  e il terribile maestro Pizzuto che lo minacciava con la verga di bambù (anche se l'aveva lasciata da un pezzo,) i lanci col paracadute (ma quando mai lui si sarebbe lanciato col paracadute, aveva paura pure della corriera, altro che aereoplano), il libri contabili della putìa che si smarrivano tra gli scogli della marina e bisognava cercarle anche di notte tra topi e granchi neri e minacciosi. Però verso le quattro del mattino, che ancora neanche una spruzzata di rosa e azzurro annunciava la giornata, cominciò a ventilare. Saverio cercò il lenzuolo con il piede, se lo tirò sopra, fino al ventre. Poi, visto che il venticello stava rinfrescando la casa, si cummugghiò fino al collo. Abbracciò il cuscino e si riaddormentò. Alla mattina dopo, si sentiva meglio. I mali sogni l'avevano abbandonato, e s'era potuto fare una dormita di sette ore, come un picciriddo. S'alzò dal letto, spalancò le persiane sulla strada dove sacchetti e foglie s'assicutavano, soffiati dal maestrale. S'affacciò nel balconcino che guardava la piazza, ancora era presto, c'erano solo un cani vecchiu appoggiato al muro della chiesa che pareva morto, ma per come russava si capiva che era vivo, e due manovali che aspettavano la chiamata per la giornata di lavoro in campagna. Saverio resipirò profondamente, l'aria fresca gli squagliò l'angoscia e il catarro che aveva nel petto. Nella piazza passò la signorina Sara, la figlia di Don Ciccio, che andava ad aprire l'ufficio postale. "No", c'aveva detto Sara a Saverio qualche anno prima, "no, e se non te ne vai chiamo a mio padre". E così Saverio se n'era andato. Un colpo di vento nella piazza alzò la munnizza in  aria. La signorina Sara si mise la mano sul foulard, che voleva scappare via, premendolo sulla testa. Però il vento vastaso ci alzò la gonna di voile a fiori, e ci si videro per qualche istante le cosce e le mutande.  Saverio rientrò in casa, che l'effetto del vento fresco gli era già passato; angoscia e catarro ammuttavano lo sterno, forte. Sentì caldo, caldo da crepare.

4 commenti:

RedPasion ha detto...

quadro a tinte...

calde


sei bravissimo.

ma che te lo dico a fare:)

sherazade2005 ha detto...

Se chiudo gli occhi (o forse tale è) vedo questa sicilia immobile come l'aria 'fuocata' che Saverio respira.


sheryndispettitachenntivedemai :=(

xdanisx ha detto...

Bravo per la foto che ha una bella composizione.

xdanisx ha detto...

Med: Sei bravissimo.

Il vento è sensuale di suo, l'ho sempre pensato.

Baci.

s.