sabato 9 aprile 2005

mancato miracolo a Palermo

 








Miracolo a Palermo è un film del regista palermitano Beppe Cino, in questi giorni nelle sale, che tenta di raccontare sotto forma di favola moderna il tentativo di riscatto di un bambino del sottoproletariato urbano, facile preda di tentazioni e illegalità vissute come quotidianità.
Totò è un orfano di mafia, che vive insieme al fratello e alla madre, costretta a lavare scale per tirare avanti.
Totò ed il fratello girano con la lapa per discariche raccogliendo materiale che poi cedono ad una specie di ricettatore, loro parente alla lontana, desideroso di mettere le zampe sulla mamma ( Maria Grazia Cucinotta), e circondato di presenze malavitose, che svariano dalla coppia di scippatori da strapazzo fino a gangster in perfetto stile Al Capone. Totò cova in segreto il desiderio di vendicare il padre uccidendo gli assassini, che ha visto durante l’omicidio, e per questo motivo prima nasconde in casa e poi porta con sé una pistola; nel frattempo si innamora, parzialmente ricambiato, di Lina, che lavora in una friggitoria.
Intanto lo zio-ricettatore organizza una specie di festa a cui invita i personaggi che lo circondano, una sorta di ultima cena, interrotta dall’irrompere dei mafiosi cattivi che sparano centinaia di colpi, senza ferire nessuno, provocando solo sfacelo tra le libagioni imbandite.
Alla fine della sparatoria sembra che Totò sia morto, ma i proiettili che erano a lui destinati si sono arrestati contro il calcio ed il tamburo della pistola che portava alla cintola.
In un momento di riflessione Totò butta l’arma in un sacchetto della spazzatura, e tutti vissero (forse) felici e contenti.
Purtroppo, la sceneggiatura indulge tra visoni simboliste e un neorealismo di maniera, che non convince. Anche la recitazione è fuori registro, sembra quasi di osservare un pentagramma in cui le note siano scappate dai propri posti e si siano attribuite misure e valori non originali.
Se il bambino che interpreta Totò, il “coccio di tacca” protagonista del film è abbastanza credibile nel suo ruolo di quasi ingenuo, anche se dedito al furto e allo scippo come forma di sopravvivenza, la ragazza che fa Lina, e di cui nel film Totò si innamora, recita come una statua del museo delle cere, senza nessun entusiasmo né partecipazione. Gli altri attori, palermitani anche loro, provenienti dal teatro dialettale e fiction televisive, calcano troppo l’accento sulla recitazione in vernacolo, e sulla mimica popolaresca, inoltre il dialogo spesso è fatto di sole raffiche di turpiloquio.
Peccato, perché l’idea poteva essere buona, ma il film non vale neanche, a mia opinione, il costo del biglietto ridotto.





3 commenti:

anonimo ha detto...

Credo che il regista ma soprattutto il produttore ti saranno enormemente grati di questa recensione. In confidenza avevo visto il trailer e avevo già deciso che mi bastavano quelle 4 inquadrature.

matilde61 ha detto...

prendo nota, ciao e buona domenica

anonimo ha detto...

Forse hai ragione. Ma nel blog mi sono imposta di non superare le 20 righe. Sì poteva essere scritto meglio, ma quando posto lo faccio di getto.