venerdì 10 aprile 2015

Dal finestrino del treno

che era veramente da tanto che non prendevo un treno. Di solito, viaggio in automobile, oppure in aereo se devo raggiungere alcune dimenticabili mete nella pianura padana. 
Ma oggi, stante l'appuntamento col figlio ammilano, ho preso un frecciabianca. Niente a che vedere coi pellerossa, per carità, una specie di espresso degli anni settanta.
Mi sono accorto che il mondo dal finestrino di un treno e' più bello,  con tutto quel verde, i trattori, anche le fabbriche abbandonate piene di graffiti giganti. Almeno fino alle porte di Milano, che il panorama cambia e diventa ringhioso come un cane muzzicaloru.
Ma poi, uno se lo dimentica, che sceso alla stazione di Milano mi sentivo a Bombay, mi sentivo. Con i portabagagli di colore, secchi e nerissimi con una elegante divisa verde e un bel carrello, è tutta quella gente. Tutta-quella-gente!
Sul treno, una specie di manager femmina con la voce da maschio non ha smesso di parlare urlando dentro l'auricolare del suo iPhone colore champagne, e ogni telefonata che finiva tossiva, e io speravo che finalmente le schiattavano le corde vocali ma invece niente, e subito dopo un'altra telefonata.
Avevo un libro, comprato perché ce lo siamo consigliato tra fotografi ( nel senso che io ho detto "comprati il mio" e lei ha detto "anch'io ho pubblicato").
Mi ha detto che è il suo primo libro, una bella veste grafica, di quelli che non appena lo prendi in mano capisci che l'editore si è innamorato dei suoi libri, e lo ha curato come un neonato il giorno del battesimo, bella carta e pure i disegni.
Ne ho letto- tra la mascula che urlava al telefono e la sua tosse- una settantina di pagine. 
Una storia leggera, per adulti bambini, o forse per ragazze cresciute ma non troppo, e mi sono piaciute alcune espressioni, appena la risento glielo dico. 
Ora, mi ributto dentro la pancia assolata di Milano, che pare Bombay.

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