venerdì 6 febbraio 2015

Nero e meticcio

Ci sto pensando da alcuni giorni, per spiegarmi il clamore mediatico suscitato dalla prematura scomparsa di Pino Daniele, fatto che sembra avere colpito gli affetti della maggioranza del popolo italiano che ascolta musica, e non solo. Premetto che non sono un esperto di napoletanita’e che anzi, sull’argomento, ho avuto spesso confronti accesi con i miei amici e colleghi partenopei, e che non temo di essere contraddetto, anzi come sempre sono aperto a qualsiasi dibattito e contestazione. Secondo me, prima di ogni cosa, Pino Daniele ha saputo essere, anzi si è affermato come rappresentante dell’identita’ musicale napoletana moderna. Come Bruno Lauzi ( Genova per noi), Francesco Guccini (Bologna), Roberto Vecchioni ( Luci a San Siro) come pochi, anzi pochissimi altri artisti. Napule e’. Il manifesto della musica napoletana, trasversale alla Napoli popolare ed a quella della borghesia veteroborbonica, contraria all’immagine di guappo e sgarro propalata dai neomelodici ed emuli di Mario Merola, più raffinato e fruibile di tutti gli altri cantori di Vesuvio e golfo di Napoli, capoclasse di quella pattuglia( Teresa De Sio, Toni Esposito, Tullio De Piscopo, Napoli Centrale, 99 Posse, Alan Sorrenti, Saint Just, Nuova Compagnia di Canto Popolare, Edoardo Bennato e mi scuso con quelli che ho dimenticato) che negli anni settanta-ottanta ha contribuito a diffondere il sound partenopeo anche tra i più schizzinosi fruitori di musica pop. Pino Daniele, nella sua professionale ritrosia all’esposizione mediatica, e’opposto e contrario all’immagine chiassosa, casinista e stucchevole che fino alla fine degli anni settanta ha contraddistinto gli artisti suoi conterranei. I testi sono complessi, in cui si è fatto precursore di un linguaggio meticcio internazionale, fondendo napoletano, inglese, italiano, e trattano- secondo me- del male di vivere in maniera profonda, fortemente autoanalitica ma pur sempre “cantabile”. E quello che- sempre a mio contestabilissimo parere- lo rende per sempre diverso da tutti gli altri, e anche dalla maggior parte degli altri cantautori nazionali, e’la musica, mai fatta di sola melodia, rifuggente la schitarrata o il colpo di mandolino strappacuore. Un sound moderno, meticcio pure questo, ma nel senso più estetico del termine: jazz-fusion-pop, una strada mai percorsa da altri artisti italiani. Muore giovane chi è caro agli dei, fa dire Omero ad Achille, non ci consola ma trasforma in mito la parabola artistica di Pino Daniele.

3 commenti:

aurora ha detto...

Io direi che ad eccezione di Alan Sorrenti (Noi siamo figli delle stelle) tutti gli altri che hai citato erano e sono, per fortuna, un bell'esempio di musica ad alto livello napoletana e nn solo. Di PD ricordo con affetto anche se vorse nn è una delle sue migliori in assoluto la colonna sonora di Credevo fosse amore e invece era un calesse in collaborazione con Massimo Troisi, grande anche lui morto troppo giovane.
A PD considerando tutto il repertorio ho preferito Efoardo Bennato.
MIa reliquia l'lp de La gatta Cenerentola.

Medicineman ha detto...

Aurora, forse non hai conosciuto il primo Alan Soorenti, poetico, innovativo, musicale. Poi ha capito come fare i soldi.

aurora ha detto...

Può essere ma quel che ricordo nn era bella musica.