Raccontare un territorio.
Non è facile anche quando lo conosci a menadito, diventa difficilissimo se lo hai esplorato solo per otto giorni, ma come spesso faccio mi piace affidarmi alla narrazione tramite immagini, e tramite ciò che ho percepito.
Parlo del Portogallo, primo viaggio all'estero dopo il blackout causato dalla pandemia globale: settembre è un mese nel quale ho sempre idealizzato il Miglior Viaggio Possibile, e credo che le mie attese non siano state deluse. Non ho sofferto il caldo e nemmeno il freddo, è stato facile prenotare gli alberghi anche il giorno prima dell'arrivo, e i ristoranti hanno sempre ospitato il gruppo-composto da 5 persone.
Una menzione speciale ai ristoranti: dalla tavernaccia di quartiere per pescatori e meccanici, al wine bar, al ristorante vero e proprio, nessuno di noi ha avuto quei disturbi tipici del viaggio. Evidentemente le materie prime erano di ottima qualità e anche l'igiene della cucina era adeguata, anche se la presentazione dei piatti in alcuni casi era poco curata, ma niente ci fa.
Il viaggio non è cominciato sotto i migliori auspici: il 24 settembre i lavoratori di Alitalia hanno indetto uno sciopero generale, che ha comportato la cancellazione di tutti i voli, perciò la Tap ha creduto bene di riproteggerci con un Palermo-Roma il giorno prima. Peccato che poi è stato cancellato anche quello e siamo dovuti andare a Roma in automobile con una decisione presa senza pensarci troppo. E bene abbiamo fatto, perché non avremmo avuto altro modo di non perdere la coincidenza da Roma a Lisbona.
Arrivati a Lisbona, abbiamo subito ritirato l'auto noleggiata online (beh, stendiamo un velo pietoso sulla compagnia locale Guerin) e ci siamo diretti a Faro: le nostre intenzioni erano quelle di conoscere l'Algarve, poi spostarci a Oporto-passando per Fatima e quindi concludere il giro a Lisbona, sbarazzandoci della auto presa a noleggio.
(continua)